Riconoscere lo Stato di Palestina, per la pace giusta tra Palestina ed Israele
Domenica 29 novembre da Assisi si aprirà la videoconferenza per il riconoscimento dello Stato di Palestina, promossa da un ampio arco di reti, associazioni e sindacati
Sono previsti interventi in video-conferenza con ospiti internazionali, rappresentanti delle diverse religioni, testimonianze dalla Palestina e da Israele, esponenti delle associazioni promotrici.
La conferenza, sarà inaugurata dal Sindaco di Assisi, Stefania Proietti e dal Vescovo, Monsignor Domenico Sorrentino, in collegamento dalla Cittadella della Pro-Civitate Christiana, e sarà trasmessa in streaming sulla piattaforma Zoom e sulle Pagine Facebook degli organizzatori.
L’importante iniziativa si svolge nella Giornata internazionale di Solidarietà con il popolo palestinese, indetta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per ricordare l’anniversario dell’approvazione della risoluzione 181 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1947 per la creazione di due stati: Israele e Palestina. Da più di 70 anni il mondo attende una pace giusta, fondata sul diritto internazionale e sul reciproco rispetto, come unica alternativa alla guerra, all’occupazione, alla violenza.
Da tempo non si vedeva nel nostro Paese un cartello così ampio, una coalizione così larga e rappresentativa di diverse sensibilità e settori della società italiana, riuniti per un unico obiettivo condiviso: il riconoscimento dello Stato di Palestina. Le 18 sigle firmatarie rivolgono un Appello alla società civile e alle Istituzioni per la fine delle guerre in Medio Oriente, per applicare in modo coerente e responsabile quanto indicato dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, dal diritto internazionale e dagli accordi di pace intercorsi tra le due parti, costruiti sulla soluzione dei due stati per i due popoli. L’Appello si intitola Ora è il momento di riconoscere lo stato di Palestina, per la pace giusta tra Palestina ed Israele.
Già 138 su 193 Stati membri delle Nazioni Unite, oltre allo Stato del Vaticano, riconoscono lo Stato palestinese entro i confini antecedenti la guerra del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa. “Chi ha a cuore la pace giusta in Palestina – si legge nell’Appello – non può negare l’esistenza ed il rispetto dello Stato d’Israele, come pure il diritto dei popoli che la abitano ad un proprio Stato in cui vivere in sicurezza, pacificamente e democraticamente”. Israele e Palestina hanno un comune destino: vivere insieme, nel reciproco rispetto, in autonomia ed indipendenza; solo così i due stati potranno sedersi, negoziare per il bene reciproco ed i due popoli potranno riconciliarsi e convivere. Questo è il quadro politico indispensabile per porre fine al confitto territoriale e delegare alle istituzioni dei due stati la responsabilità di garantire la pace, la convivenza e la sicurezza, con il concreto sostegno e con la cooperazione della comunità internazionale.
Ancor oggi, invece, l’intero popolo palestinese è sottoposto al regime di colonizzazione e di occupazione militare in Cisgiordania, all’assedio di Gaza portato ai limiti dell’invivibilità, alla discriminazione e violazioni dei diritti umani, come certificato dalle Agenzie delle Nazioni Unite e dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea dell’ONU.
“Per queste ragioni – conclude l’Appello – vogliamo far sentire le voci della società civile e religiosa italiana, europea, palestinese ed israeliana, per riaffermare l’urgenza dell’azione politica delle nostre istituzioni per la pace giusta. La pace giusta non può fondarsi su un vincitore ed uno sconfitto ma deve essere frutto del reciproco rispetto ed attuazione del diritto internazionale, unica alternativa alle guerre, all’occupazione, alle violenze ed alle sofferenze provocate”.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina, dicono i proponenti, non è contro Israele, ma contro l’occupazione militare, ed è uno strumento indispensabile come alternativa politica alla violenza.
Il conflitto in corso ha una lunga, tormentata e tortuosa storia alle spalle. Dal 1948 con la dichiarazione unilaterale dello Stato di Israele, passando dalla guerra dei sei giorni del 1967; dalla creazione unilaterale dello Stato di Palestina del 1988, fino agli accordi di Oslo del 1983, sottoscritti dalle due parti; dalla creazione da parte di Israele del Muro di Separazione del 2002, fino all’Assemblea ONU del 2012 che ha riconosciuto lo status dello Stato di Palestina come “no-member observer state”.
In mezzo a tutto questo, per 70 anni, c’è stata guerra: una storia di soprusi, di violenze, di attentati, di morti, di macerie, di muri, di sofferenze atroci, che ha dilaniato i due popoli tra di loro ma anche internamente a loro. La guerra vuole distruggere il nemico, ma distrugge anche chi la fa. “La nonviolenza non è soltanto contro la violenza del presente, ma anche contro quelle del passato”, diceva Aldo Capitini, il padre della nonviolenza italiana. E dunque per superare la violenza del passato, occorre riconoscerla e ripararla. È un fatto di giustizia a posteriori.
No peace without justice, non c’è pace senza giustizia.
Lo ripete spesso, in tutte le lingue del mondo, Papa Francesco, in linea con i suoi predecessori. “Dove non c’è la giustizia non c’è la pace. La vera pace è frutto della giustizia”. Oggi la giustizia e la pace vogliono il riconoscimento dello Stato di Palestina. Può essere questo il passo tanto atteso per voltare pagina, per scrivere un nuovo capitolo della storia.