Armi nucleari

Armi nucleari

Introduzione

Tutte le armi sono ovviamente strumenti di morte, ovvero strumenti progettati, prodotti e venduti affinché siano in grado, se usate, di togliere la vita ad altri esseri umani. A parte questo tratto comune, però, le armi non sono tutte uguali. Al contrario, possiamo distinguere moltissimi tipi di armi, e tale distinzione è basata soprattutto sulla loro potenzialità distruttiva, nonché sugli effetti più o meno cruenti che possono avere sulla vittima.

Le armi convenzionali, ad esempio, sono quel genere di armi ritenute legittime (convenzionali appunto), in quanto dotate di un potenziale distruttivo “relativamente” contenuto, e una capacità discriminante che offre maggiori garanzie alla salvaguardia delle popolazioni civili. Cosa significa? Significa che il loro utilizzo dovrebbe garantire la distinzione tra civili e militari, nonché poter consentire ad un esercito di attaccare soltanto l’esercito nemico, senza coinvolgere i cosiddetti civili.

Ma questa possibilità di discernere tra eserciti nemici e civili non è assolutamente garantita da un tipo di armi molto insidiose e pericolose: la armi di distruzione di massa.

Le armi di distruzione di massa

Le armi di distruzione di massa sono quelle armi che, per le loro caratteristiche, comportano se usate una generalizzata distruzione di ciò con cui entrano a contatto, senza poter distinguere tra forze armate e civili.

Sono armi di distruzione di massa le armi Nucleari, le armi Biologiche e quelle Chimiche, sintetizzate nell’acronimo NBC.

Le armi nucleari hanno un potenziale distruttivo senza precedenti nella storia dell’umanità e non consentono di discriminare tra popolazione civile e forze armate.

Le armi chimiche e biologiche sono definite il “nucleare dei poveri” per i costi relativamente ridotti che richiede la loro produzione. Allo stesso tempo sono armi la cui produzione, stoccaggio e utilizzo sono difficilmente controllabili dai controlli internazionali, nonostante possano avere effetti della stessa portata distruttiva delle armi nucleari (pur se attraverso metodi e fenomenologie differenti).

Le armi nucleari

La prima bomba atomica fu realizzata presso i laboratori di Los Alamos nel New Mexico nel 1945, ad opera di un team di scienziati eterogeneo per nazionalità, aderenti al cosiddetto Progetto Manhattan[1] guidato da Robert Oppenheimer. Questo progetto era ritenuto fondamentale per vincere la guerra contro il Terzo Reich, che a sua volta aveva iniziato a condurre ricerche sull’arma atomica, ipotesi successivamente smentita.

L’era atomica si fa convenzionalmente iniziare con una data tragica per la storia dell’umanità: il 6 agosto 1945. L’aviazione americana con il consenso degli alleati inglesi sgancia su Hiroshima e, tre giorni dopo, su Nagasaki i primi e finora unici ordigni atomici utilizzati in campo bellico.

Sono armi nucleari o armi atomiche tutte le armi, nella gran maggioranza bombe e testate esplosive per missili, che sfruttano reazioni di fusione nucleare o di fissione nucleare. Per la realizzazione di una bomba atomica possono essere utilizzati due elementi: Uranio o Plutonio, con l’aggiunta in alcuni casi del Trizio.

Quanti tipi di armi nucleari esistono?

Esistono diversi tipi di ordigni nucleari, e sono quasi tutti delle bombe. La loro potenza esplosiva è superiore a quella di qualunque esplosivo convenzionale e si misura in Kilotoni (1 Kt = 1.000 tonnellate di tritolo) e in Megatoni (1 Mt = 1.000.000 tonnellate di tritolo). Esistono tre tipi di ordigno nucleare:

  • La bomba atomica o bomba A, la prima ad essere costruita, sfrutta una reazione di fissione di uranio o plutonio e può raggiungere potenze variabili da 0,5 kilotoni a 1,5 megatoni, con una soglia critica individuata attorno ai 10 megatoni.
  • La bomba all’idrogeno o bomba H invece sfrutta la fusione fra nuclei di deuterio e trizio, riuscendo così a sprigionare molta più energia: questo tipo di bombe sono le più potenti in assoluto ed arrivano a sprigionare potenze pari a 100 megatoni, nonostante possano raggiungere (in via teorica) potenze di ordine stellare.
  • La bomba al neutrone o bomba N, come la bomba H è una bomba a fissione-fusione-fissione ma a differenza di questa è studiata per sprigionare la maggior parte della sua energia come radiazioni (neutroni veloci).

Gli effetti delle armi nucleari

L’esplosione di un ordigno nucleare genera principalmente tre effetti:

  • Palla di fuoco (effetto termico): temperature elevatissime si sprigionano per chilometri e chilometri distruggendo organismi viventi, edifici e generando incendi.
  • Onda d’urto (effetto meccanico): pur comune a tutte le esplosioni, in questo caso la potenza dell’ordigno nucleare la rende particolarmente devastante.
  • Un effetto radiologico, che a sua volta si può distinguere in quattro componenti principali:
  • Il lampo: l’innesco della reazione nucleare genera una quantità enorme di fotoni, che formano un lampo di luce istantaneo, intensissimo, visibile perfettamente anche da migliaia di chilometri: la sua intensità è tale da accecare permanentemente chiunque sia rivolto verso l’esplosione.
  • L’impulso elettromagnetico: durante la reazione nucleare avviene una temporanea separazione di cariche elettriche che genera un campo elettromagnetico istantaneo, contemporaneo al lampo: a distanza di alcuni chilometri dal sito dell’esplosione, si possono ancora avere tensioni indotte nei circuiti elettrici di molte migliaia di volt, che portano in genere alla immediata distruzione degli stessi se non sono appositamente schermati.
  • La radioattività: parallelamente al lampo, si verifica anche un fortissimo irraggiamento radioattivo, soprattutto di raggi gamma: il limite di sopravvivenza per irraggiamento radioattivo diretto da esplosione nucleare varia da 500-700 metri per una bomba A di media potenza a 5,5 Km per le bombe H più potenti. Dopo l’esplosione la materia coinvolta nello scoppio, che è stata resa radioattiva dalle reazioni nucleari e scagliata o risucchiata in aria, inizia a ricadere (fallout nucleare) creando una zona di forte radioattività centrata nel punto dell’esplosione: questa radioattività va attenuandosi col tempo, ma può permanere a livelli pericolosi per decenni, rendendo la zona inabitabile.
  • Effetto NIGA (Neutron Induced Gamma Activity): se la sfera primaria, cioè la zona dove avvengono le reazioni nucleari, viene a contatto con il suolo, lo irraggia con neutroni rendendolo fortemente radioattivo, per attivazione neutronica.

Chi possiede la bomba atomica?

Nel secondo dopoguerra, dopo gli Stati Uniti, l’arma atomica fu adottata da tutte le altre potenze mondiali, anch’essi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU: l‘URSS l’ottenne nel 1949, il Regno Unito nel 1952, la Francia nel 1960 e la Cina nel 1964. In seguito a questa situazione si venne a creare un clima cosiddetto di Guerra Fredda, in cui i due blocchi erano consci della possibilità di distruggersi a vicenda con il solo utilizzo delle armi atomiche (dottrina della distruzione mutua assicurata)[2], vedi anche equilibrio del terrore). Inoltre le armi nucleari divennero sempre più complesse, dando origine ad una notevole varietà di ordigni. Per controllare lo sviluppo degli arsenali atomici nel 1956 venne inoltre creata l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), con sede a Vienna, nell’ambito del progetto americano “atomi per la pace”.

Se da una parte gli scienziati che parteciparono al Progetto Manhattan avevano concentrato tutti i loro sforzi e messo da parte ogni remora al fine di costruire la bomba ed evitare che finisse nelle mani di Hitler, dall’altra si resero subito conto che la loro scoperta avrebbe causato molti più problemi di quelli per i quali era stata costruita. La diffusione delle armi nucleari nel mondo lo avrebbe reso sicuramente un luogo meno sicuro, anche se Oppenheimer e Niels Bohr, un brillante fisico danese che partecipò al progetto Manhattan, elaborarono una paradossale quanto interessante teoria secondo la quale la diffusione delle armi nucleari sarebbe alla fine diventata una minaccia comune per tutti gli esseri umani, come una pandemia, e tutte le nazioni, una volta riconosciuto il pericolo, non avrebbero potuto far altro che coalizzarsi per mettere al bando tali armi per evitare la scomparsa degli esseri umani.

Il sogno di Oppenheimer e Bohr sembrò realizzarsi nel 1968 quando venne firmato il Trattato di Non Proliferazione, che partendo dalla situazione del tempo, si pone l’obiettivo di evitare che altri Stati raggiungano la tecnologia per il nucleare – militare. Nonostante le crepe, il TNP può essere considerato la pietra miliare del regime di non proliferazione poiché vi aderisce la quasi totalità delle nazioni mondiali, ne restano fuori solo Corea del Nord, India, Israele e Pakistan[3].

Il TNP poggia su tre pilastri: non proliferazione, disarmo ed uso pacifico dell’energia atomica. La non proliferazione è l’obiettivo immediato, bisogna evitare che le armi nucleari si diffondano in tutto il mondo, mente il disarmo è l’obiettivo finale al quale giungere (in tempi non specificati) mantenendo intatta per gli Stati la possibilità di utilizzare l’energia nucleare per scopi civili.

Attualmente i principali Paesi che dichiarano di possedere armi atomiche, facendo parte del cosiddetto Club dell’atomo, sono: Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Pakistan, India e Corea del Nord. Israele ufficialmente non dichiara di possedere armi nucleari ma è opinione diffusa, sia della Comunità internazionale sia dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che disponga di un arsenale nucleare non trascurabile.

Gli accordi di limitazione degli esperimenti nucleari

Il primo accordo di limitazione degli esperimenti nucleari fu il Limited Test Ban Treaty, che vieta gli esperimenti nell’atmosfera, o al di là di essa, compreso lo spazio esterno, o in acqua, comprese le acque territoriali ed il mare extraterritoriale, oppure che abbia luogo in qualunque altro luogo se tale esplosione produce scorie radioattive rivelabili al di fuori dei limiti territoriali. Un altro limite venne imposto con la firma del Treshold Ban Test Treaty (o Trattato a Soglia) che vieta gli esperimenti sotterranei che sprigionano una potenza superiore ai 150kt, che è comunque un limite molto ampio. Mentre venivano firmati questi accordi si parlava già di un trattato che avrebbe dovuto vietare tutti i test nucleari di qualsiasi potenza e in qualsiasi luogo, ma il dibattito su un simile trattato è stato lungo ed ha presentato discussioni sia sulle ragioni di un accordo del genere, sia su aspetti procedurali.

Tra il 1995 e il 1996 Cina e Francia effettuarono esperimenti nucleari sotterranei, che scatenarono roteste in tutto il mondo vista l’assoluta mancanza di motivazione. Fortunatamente nell’agosto del 1995 il presidente Chirac dichiarò la fine degli esperimenti e diede la propria disponibilità alla firma di un accordo per la loro messa al bando. Pochi giorni dopo il presidente statunitense Clinton espresse la stessa posizione. Il dibattito, ospitato nella sede della Conferenza sul Disarmo di Ginevra, si concluse nell’agosto del 1996 con un testo che, poiché non godeva dell’approvazione dell’India, non poteva entrare in vigore. L’ostacolo fu aggirato presentando tale testo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la quale diede il suo parere positivo e invitò tutti gli Stati a firmare e ratificare quanto prima.[4]

Il Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT) è stato aperto alla firma di tutti gli Stati il 24 settembre 1996, ma fino ad oggi non è entrato in vigore perché è previsto che ciò avvenga solo 180 giorni dopo che 44 Paesi, identificati con i possessori di reattori nucleari di potenza, abbiano depositato gli strumenti di ratifica. Finora gli Stati aderenti sono 173, di questi 122 hanno ratificato, ma mancano ancora alcuni Stati indispensabili per la completa implementazione del Trattato: Cina, Colombia, Congo, Egitto, Indonesia, Iran, Israele, Stati Uniti e Vietnam, a questi vanno aggiunti Corea del Nord, India e Pakistan che non hanno nemmeno firmato. Neanche le due Conferenze di Riesame tenutesi a Vienna nel 1999 e a New York nel 2001, sono riuscite a sboccare la situazione. La seconda Conferenza ha anzi dovuto registrare un’importante defezione che ne ha inficiato in parte le decisioni, quella degli Stati Uniti. L’amministrazione di G.W. Bush (2000-2008) si è opposta alla ratifica del Trattato nell’ambito di una politica nucleare più aggressiva: nella Nuclear Posture Review si raccomandava che il Nevada Test Site venisse reso operativo il prima possibile in modo da poter disporre in breve tempo nuovi test, presumibilmente riferiti alle nuovi classi di armi atomiche allo studio, qualora la situazione lo avesse richiesto.

La Guerra Fredda e il confronto tra le due superpotenze nucleari

Nel 1967 fu proposto il progetto SALT I (Strategic Armaments Limitations Talks) dall’allora Presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson all’Unione Sovietica per la limitazione degli armamenti strategici.

Il 26 maggio 1972 ebbe luogo la firma del trattato SALT I che prevedeva in definitiva il congelamento del numero dei missili posseduti dalle due potenze.

SALT II, invece, è la sigla utilizzata per la seconda serie di Strategic Arms Limitation Talks ovvero, di Negoziati per la Limitazione delle Armi Strategiche intercorso fra gli Stati Uniti e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. I colloqui si aprirono a Ginevra nel settembre del 1972 per completare l’accordo sulle armi strategiche difensive.

L’accordo per la limitazione della costruzione di armi strategiche fu raggiunto a Vienna il 18 giugno 1979, e firmato da Leonid Brezhnev e l’allora Presidente Jimmy Carter. Con l’intervento sovietico in Afghanistan, alla vigilia del Natale 1979, si ebbero dure reazioni su scala Mondiale, soprattutto da parte americana. gennaio 1980, Carter propose al senato di posporre indefinitamente la ratifica del trattato SALT II. Poi egli assunse una serie di misure restrittive, fra le quali, la sospensione delle previste vendite di grano, culminate poi nell’annuncio che gli atleti americani non avrebbero preso parte alle XXII Olimpiadi, indette a Mosca per l’estate 1980. Con l’accrescersi della tensioni all’inizio degli anni Ottanta le grandi potenze si accusarono vicendevolmente di tradire gli accordi presi, ma ciò non impedì che le trattative per la riduzione delle armi strategiche, seppure con continue interruzioni, riprendessero fino a giungere agli accordi START (START I e START II).

Il Trattato Anti Missili Balistici – conosciuto anche come Trattato ABM venne firmato da USA ed URSS il 26 maggio 1972 ed entrò in vigore il 3 ottobre dello stesso anno. Il suo scopo era limitare le possibilità di difesa antimissile delle due parti, in modo da frenare la proliferazione delle armi nucleari offensive. In questo senso, il Trattato fa parte della strategia delle relazioni sovitico-americane durante la guerra fredda che prevedeva una parità strategica basata sulla dottrina della mutua distruzione assicurata (Mutual Assured Distruction, il cui volutamente ambiguo acronimo M.A.D., letteralmente “matto”, indica la situazione di follia cui si era giunti).

Il Trattato ABM si inserisce storicamente nella fase della guerra fredda in cui prevalsero negli Stati Uniti e nell’Unione Sovietica le forze convinte dell’impossibilità di vincere una guerra nucleare strategica. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la ridefinizione delle minacce compiuta dagli USA, il Trattato ABM perse il suo residuo significato strategico.

Il Processo di disarmo nucleare post la Guerra Fredda

Dopo la fine della guerra fredda vi è stato un importante processo di disarmo nucleare che ha coinvolto le due principali potenze atomiche. A partire dal 1989, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica di Gorbaciov prima, e Federazione Russa di Eltsin poi, hanno intrapreso la strada del disarmo nucleare dopo quarant’anni di competizione atomica senza freni. Questo storico evento ha indotto l’opinione pubblica e i mass media ad abbassare la guardia per quanto concerne il “pericolo atomico”. Effettivamente, a seguito dei fatti dell’89, le due superpotenze nucleari hanno dato vita ad un processo di disarmo inimmaginabile fino solo a venti anni fa[5] e hanno intrapreso una strada che può far pensare ad un decisivo ridimensionamento della componente nucleare nelle loro Forze armate. Alla base di questo processo di disarmo, vi è stata la firma dei trattati bilaterali START I (1991) e START II (1993) per la riduzione delle armi strategiche, nonché la firma del trattato INF (1987) per la riduzione dei vettori missilistici intermedi e a corto raggio. Infine, vi sono stati durante gli anni ’90 una serie d’interventi unilaterali dei presidenti di Stati Uniti ed ex Unione Sovietica per la riduzione dell’arsenale nucleare tattico.

Il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces Treaty) venne siglato tra USA ed URSS, rappresentati rispettivamente da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov nel mese di Dicembre 1987 a Washington DC, in seguito al vertice di Reykjavík (11 ottobre 1986) tra i due Capi di Stato. Il trattato pose fine alla vicenda degli Euromissili, ovvero missili nucleari a raggio intermedio installati da USA e URSS sul territorio europeo: prima, gli SS-20 sovietici e, successivamente alla cosiddetta doppia decisione della NATO del 1979, i missili IRBM Pershing-2 e GLCM cruise americani.

Il Trattato INF ha un valore fondamentale, in quanto segnò un punto di svolta nel processo negoziale legato al controllo degli armamenti tra le due superpotenze. Per la prima volta, infatti, i sistemi d’arma oggetto del negoziato non venivano ridotti o ritirati, ma effettivamente eliminati. In secondo luogo l’URSS accettò una serie di regole e clausole che non aveva mai precedentemente accettato, in primis un rigido sistema di ispezioni internazionali sul proprio territorio. In parte questa accettazione fu dovuta alla pressione generata dal deterioramento della situazione nel Patto di Varsavia, in parte fu spinta dalla grande scommessa politica di Gorbaciov, culturalmente molto influenzato dalle posizioni più innovative presenti nei settori più avanzati delle grandi socialdemocrazie europee, alle quali voleva “agganciare” l’URSS, come parte di un sofisticato progetto politico teso a fare rientrare l’URSS nel gioco politico mondiale.

Tra il 2018 e il 2019, in seguito all’assenza prolungata da anni di colloqui tra le due superpotenze e al deteriorato clima internazionale, gli Stati Uniti e poi la Russia si sono ritirati dal Trattato INF sulle forze nucleari intermedie.

Gli accordi START (acronimo dell’espressione inglese Strategic Arms Reduction Treaty) sono degli accordi internazionali tesi a limitare o a diminuire gli arsenali di armi di distruzione di massa, come le armi nucleari, sapendo che il numero molto alto di tali armamenti pone un serio pericolo di distruzione completa del pianeta. Il trattato START è stato siglato il 31 luglio 1991 tra Stati Uniti e Unione Sovietica su proposta dell’allora presidente statunitense Ronald Reagan. Venne poi ribattezzato START I quando fu varato il secondo accordo, START II. Il trattato prevedeva limiti al numero di armi e mezzi di cui ogni fazione poteva dotarsi. Essendo collassata l’Unione Sovietica cinque mesi dopo la sua stipula, il trattato rimane oggi in vigore con le nazioni di Russia, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina. Questi ultimi tre paesi hanno da allora azzerato completamente il loro potenziale offensivo nucleare.

Il trattato START IIè stato siglato nel gennaio 1993 tra il presidente statunitense George H. W. Bush e quello russo Boris Eltsin. Con esso è stato bandito l’uso dei MIRV (Multiple independently-targetable reentry vehicle, sistemi di trasporto e lancio multiplo di testate).

Ratificato dapprima nel gennaio 1996 dal senato degli Stati Uniti, il Trattato è rimasto in sospeso per alcuni anni alla Duma russa, la ratifica fu posposta varie volte in segno di protesta contro gli interventi militari statunitensi in Iraq e in Kosovo, nonché contro l’espansione nell’Europa orientale della NATO.

Col passare del tempo il trattato perse di interesse per le parti; gli Stati Uniti iniziarono a premere per una modifica del trattato ABM per poter sviluppare una tecnologia anti-missile (il cosiddetto “scudo spaziale”), modifica che incontrò il netto rifiuto russo. Il 14 aprile 2000 la Russia ratificò il trattato vincolandolo all’intoccabilità del trattato ABM.

START II è stato ufficialmente superato dal trattato SORT, siglato dai presidenti George W. Bush e Vladimir Putin il 24 maggio 2002, col quale le parti abbandonano la logica dei trattati precedenti – con le loro accurate limitazioni al numero di armi specifiche – e impegnano invece entrambi i loro stati ad una riduzione unilaterale indipendente del numero totale delle testate.

Nonostante il trattato SORT sulla carta preveda una riduzione unilaterale delle testate nucleari degli Stati Uniti e della Russia, negli ultimi anni, purtroppo, praticamente tutti i vari paesi “ufficialmente” nucleari hanno ricominciato con esperimenti, progettazioni e fabbricazione di nuove testate atomiche o di altri materiali bellici connessi (ad es., i nuovi vettori missilistici francesi).

GLI ANNI 2000

Fino al 2000 possiamo dire che il TNP ha retto: ha scongiurato la proliferazione nucleare che si temeva negli anni 60, quando una trentina di Stati erano sulla strada verso la produzione di armi nucleari. Il duplice impegno, rappresentato dall’accordo, per cui le cinque Potenze nucleari (USA, URSS, GB, Francia e Cina) si impegnavano ad arrivare al disarmo e in cambio tutti gli altri si impegnavano a non dotarsi mai di arsenali atomici, ha convinto quegli Stati a desistere. E nel corso degli anni, anche alcuni Stati rimasti al di fuori del trattato hanno accettato di smantellare le proprie strutture con ispezioni dell’AIEA per poter poi accedere al trattato. Tra gli esempi più recenti, la Libia, il Sud Africa e alcuni Stati dell’ex URSS (Uzbekistan, Ucraina, ecc.). I segnali erano buoni, sebbene non fosse il caso di abbassare la guardia. In più, gli accordi tra USA e URSS procedevano bene: furono smantellate negli anni 90 decine di migliaia di armi nucleari.

Dopo il 2001 le cose sono cambiate. Gli USA hanno rilanciato il ruolo del nucleare nelle strategie militari.

Anche la Gran Bretagna si è rimessa in corsa per costruire una nuova generazione di sottomarini; la Russia nel solo 2006 ha fatto ben 16 sperimentazioni di missili; la Francia ha spesso rivendicato la sua potenzialità nucleare.

Il TNP nacque con l’obiettivo di scoraggiare la corsa agli armamenti nucleari ed al tempo stesso di favorire un graduale processo di disarmo. Da oltre cinquanta anni è il cardine dell’intero regime di non-proliferazione e grazie ad esso e ad una serie di successivi trattati che imponevano limiti e divieti specifici, le testate nucleari diminuirono in modo significativo passando da 70.300, durante il periodo della guerra fredda, alle attuali 13.000.

Tuttavia, l’ultimo rapporto pubblicato nel giugno 2022 dall’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace (SIPRI) sottolinea come vi sono chiari segnali che le riduzioni degli arsenali nucleari globali, avvenuti alla fine della guerra fredda, sono terminati e che esiste un fondato timore di un aumento delle testate nucleari nei prossimi dieci anni.

Questa previsione si basa sugli investimenti miliardari effettuati dalle Stati nucleari nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico legati alla Difesa che hanno permesso un miglioramento in termini di potenza e letalità di tutti i sistemi d’arma sia convenzionali e sia nucleari. Oggi esistono armamenti molto sofisticati grazie anche alle applicazioni dell’intelligenza artificiale e della robotica in campo bellico e, nel caso delle armi nucleari, gli ordigni atomici esistenti sono molto più letali delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945.

LA SITUAZIONE ATTUALE

I dati forniti dal SIPRI (Stockholm International Peace Reasearch Institute) evidenziano che Stati Uniti, Russia e Cina continuano a modernizzare ed espandere i loro arsenali e che la diffusione di know-how nucleare ha dato vita a programmi di sviluppo e piani ammodernamento anche in India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Questi Paesi, il cui numero di testate nucleari rimane spesso coperto dal segreto militare se non addirittura completamente sconosciuto, non possono essere monitorati dal diritto internazionale poiché nessuno di essi ha aderito al Trattato di Non Proliferazione nucleare. La situazione della Corea del Nord desta particolare preoccupazione poiché si stima la presenza sul suo territorio tra le 20 e le 60 testate nucleari. Nel 2003 la Corea del Nord è uscita dal Trattato di Non proliferazione che aveva sottoscritto nel 1985 e, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA,) negli ultimi anni il Paese ha intensificato il suo programma nucleare con una serie di test su missili da crociera in grado di trasportare tali armi.

Questo quadro generale ha messo in crisi l’impianto delineato nel trattato di non proliferazione del 1968, in cui l’impegno delle potenze militari ad avviare trattative in buona fede per la totale eliminazione delle atomiche faceva da contraltare all’impegno degli altri paesi a non dotarsi di armi nucleari.

Nel luglio 2017, dopo una campagna internazionale condotta da governi interessati ad un rapido disarmo nucleare e da reti di società civile (tra cui ICAN, premio Nobel 2017), si è giunti al Bando delle armi nucleari TPNW approvato all’ONU con ben 122 voti a favore. Purtroppo le potenze nucleari e i loro alleati (compresa l’Italia) non hanno firmato tale bando. Superate le 50 ratifiche, nel gennaio 2021 è entrato in vigore. Esso esige non solo un impegno immediato nella distruzione degli arsenali, ma anche a non ospitarle, a non minacciarne l’uso, a non richiederne la protezione.

L’impegno profuso da ICAN, dalla Santa Sede, della Croce Rossa e dalla società civile, che sono stati attivamente presenti sia nelle conferenze umanitarie sia durante i negoziati, ha permesso la nascita del TNPW che è entrato a far parte del quadro giuridico internazionale sul disarmo insieme al Trattato di Non Proliferazione.   

Le potenze nucleari ed Paesi della NATO hanno sollevato dubbi e perplessità nei confronti di tale Trattato, ma nonostante le numerose critiche il TPNW  è al momento l’unico strumento giuridico che mette al bando le armi nucleari, che le rende illegali con la volontà di creare un’opposizione legale che prevede, come obiettivo a lungo termine, la loro abolizione. Secondo Francesco Rocca, presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, questo “primo strumento di diritto internazionale umanitario, giuridicamente vincolante, ci ricorda senza precedenti che, nonostante e soprattutto alla luce delle tante tensioni globali, possiamo e dobbiamo intervenire in difesa della vita”.

Il messaggio più potente, contenuto nel TPNW, è l’enfasi sull’idea di una partecipazione sempre più ampia della società civile e della relativa consapevolezza da parte dell’opinione pubblica di poter svolgere, in un futuro, un ruolo sempre più determinante sulle questioni del disarmo.

Riferimenti bibliografici e sitografici

FILMOGRAFIA

  • A prova di errore (1964)
  • Il Dottor Stranamore: Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964)
  • The Day After (1983)
  • The man who saved the world- Anton Petrov (2015)
  • Oppenheimer (2023)

Wargames Giochi di Guerra (1983)


[1]Il Progetto Manhattan fu il programma di ricerca condotto dagli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale che portò alla costruzione della prima bomba atomica. Fu diretto dal fisico americano Robert Oppenheimer.

[2] Nella strategia militare, la distruzione mutua assicurata (traduzione letterale dall’inglese Mutual assured destruction o MAD) è una teoria che in concreto si sviluppa intorno all’ipotesi di una situazione di attacco o comunque aggressione militare con uso di armi nucleari. In questo caso, la tesi proposta, ipotizzava che ogni utilizzo di simili ordigni da parte di uno dei due opposti schieramenti, avrebbe determinato la distruzione sia dell’attaccante che dell’attaccato.

[3] La Corea del Nord aveva aderito al Trattato nel 1985, ma ne è uscita, con decisione unilaterale, nel gennaio del 2003; Israele, India e Pakistan invece non hanno mai firmato.

[4] Risoluzione A/RES/50/245 del 10/09/1996

[5] Negli anni ’80 il numero complessivo delle testate nucleari presenti negli arsenali degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica si aggirava intorno al numero di 70.000, oggi esso è attestato intorno alle 13.000 unità.