GIORGIO LA PIRA, IL “SINDACO SANTO”

GIORGIO LA PIRA, IL “SINDACO SANTO”

Rosaria Caniglia, Punto Pace Pax Christi di Catania

Rosaria Caniglia CENNI BIOGRAFICI

Nacque il 9 gennaio 1904 in una modesta casa in via Giulia n°10 a Pozzallo, allora provincia di Siracusa, secondogenito di Gaetano, amministratore dei beni del marchese Corrado Tedeschi, e di Angela Occhipinti. Venne battezzato qualche giorno dopo nella chiesa della Madonna del Rosario, a pochi passi dalla sua casa natale.

Terminata la scuola elementare, nel 1914 venne mandato dai genitori a studiare a Messina, presso lo zio Enrico Occhipinti. Tre anni dopo si iscrisse all’istituto di ragioneria, acquisendo il diploma nel 1921. L’anno seguente supera anche l’esame di maturità classica a Palermo, sotto la supervisione del professore di italiano Federico Rampolla del Tindaro, che lo indirizza a proseguire gli studi in giurisprudenza.

Il giovane La Pira è affascinato da Gabriele D’Annunzio e Tommaso Marinetti, dal loro ideale di cambiamento, legge molto e si avvicina ad altre esperienze, condividendole con il suo gruppo di giovani amici di cui fanno parte anche il poeta Salvatore Quasimodo e Salvatore Pugliatti, giurista e futuro rettore dell’Università degli Studi di Messina.

Trasferitosi a Firenze con il suo maestro, diventa docente di Diritto romano. Tra il 1929 ed il 1939 svolge un’intensa attività di studioso in contatto con l’Università Cattolica di Milano: entra così in amicizia con figure come padre Gemelli e Giuseppe Lazzati.

Si impegna a fondo nell’Azione Cattolica giovanile e nella pubblicistica cattolica. Alla vigilia della guerra (1939) fonda e dirige la rivista Princìpi nella quale – in pieno regime fascista – pone le premesse cristiane per un’autentica democrazia. Il regime ne vieta la pubblicazione. Tra il 15 luglio e l’8 settembre 1943 crea il foglio clandestino San Marco. Il 23 settembre sfugge alla polizia segreta che lo cerca per arrestarlo. Raggiunta Roma, nel 1944 tiene all’Ateneo Lateranense un corso di lezioni che riscuote molto successo. L’anno successivo le lezioni vengono pubblicate sotto il titolo Le premesse della politica.

Liberata Firenze l’11 agosto 1944, La Pira torna ad insegnare all’Università e collabora al quotidiano del Comitato di Liberazione Nazionale toscano La nazione del popolo. Nel frattempo, arricchisce il suo pensiero approfondendo la cultura cattolica francese e l’economia anglosassone. Sostiene il diritto universale al lavoro e l’accesso generalizzato alla proprietà.

Nel 1946 viene eletto all’Assemblea costituente. Nel 1947, insieme a Dossetti, Fanfani e Lazzati, dà vita a Cronache sociali, la rivista che meglio ha espresso la presenza cristiana nel difficile processo di rinascita della democrazia in Italia. Alla Costituente svolge un’opera di grande rilievo, e da tutti apprezzata, nella Commissione dei 75, per la formulazione dei principi fondamentali della Costituzione. Nel 1948 è nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro; nel 1950 scrive in Cronache Sociali il famoso saggio L’attesa della povera gente, nel quale dimostra la necessità, e       la       concreta       possibilità,       del       lavoro        e        della        casa        per        tutti. Nel 1951 interviene presso Stalin in favore della pace in Corea. Il 6 luglio è eletto Sindaco di Firenze (1951-1958; 1961-1965). La sua opera di sindaco è punteggiata da notevoli realizzazioni amministrative e da straordinarie iniziative di carattere politico e sociale. Importante il suo impegno per la pace in occidente e, successivamente, nel mondo.

Dal 1966 comincia a ritirarsi dall’attività pubblica, ma continua a mantenere contatti internazionali quale presidente della Federazione mondiale delle città unite. In questa veste, tiene colloqui e conferenze in vari paesi d’Europa, in preparazione alla Conferenza di Helsinki. Nel 1967 ha colloqui con Nasser in Egitto ed Abba Eban in Israele, per collaborare alla pace tra i due grandi gruppi umani usciti dall’unico progenitore Abramo. Trova un inaspettato interesse per questa impostazione di discorso politico fondato sulla tradizione religiosa. Nel 1973 a Houston (USA) parla al Convegno internazionale “I progetti per il futuro” e delinea i compiti delle nuove generazioni. Famoso l’inizio del suo discorso: “I giovani sono come le rondini, annunciano la primavera”. Nel contesto di queste molteplici iniziative svolge un’intensa attività pubblicistica. Scrive a Capi di Stato, a personalità di ogni continente, ai monasteri di clausura, ai vecchi e ai bambini di Firenze, tiene discorsi, conversazioni, incontri, soprattutto con giovani, che lo seguono con entusiasmo, avvertendo la grande forza della sua fede e la purezza dei suoi ideali.

L’ideale cristiano di pace e giustizia lo sostiene negli ultimi anni, resi difficili da una grave malattia e da un penoso isolamento. Il 5 novembre 1977 in un “sabato senza vespri” come aveva desiderato, conclude il suo pellegrinaggio terreno. È in corso la causa di beatificazione. Giorgio La Pira era stato inizialmente sepolto nel cimitero di Rifredi. Successivamente il suo corpo fu trasferito nella Basilica di San Marco a Firenze, dove tuttora si trova.

LA FORMAZIONE

Anche se questo argomento emerge già nella biografia, mi sembra interessante e indicativo mettere a fuoco che si tratta di una formazione varia ed articolata. Come accadeva a molte famiglie modeste del secolo scorso, Giorgio La Pira intraprende gli studi iscrivendosi e diplomandosi all’Istituto di Ragioneria. Poi, da privatista si prepara alla maturità classica, conseguendola. Gli studi universitari avvengono nella facoltà di giurisprudenza. Ne nasce una cultura di ampio raggio che porta a competenze varie, che si potenziano a vicenda. Le sue letture sono varie e non settoriali. Si avvicina ad autori molto diversi e distanti come poetica e come ideologia. Legge Marinetti, D’annunzio, Quasimodo, si interessa alla pubblicistica cattolica. Le basi di ragioneria gli permettono di accostarsi allo studio dell’economia anglosassone, ma si appassiona anche allo studio degli autori cattolici francesi. La politica è per lui un altro importante oggetto di studio. Si manifesta, in una formazione a tutto tondo, uno spirito che mostra interesse per tutto ciò che è umano. “Homo sum, nihil humani a me alienum puto”, come scriveva di Terenzio. Il tutto però acquista significato e si amalgama nella profonda conoscenza della Bibbia e soprattutto dei quattro Vangeli.

CONVERSIONE E COERENZA DI VITA

La conversione può essere attribuita all’incontro con monsignor Mariano Rampolla, nipote dell’omonimo Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, fratello del professor Federico Rampolla.   La   riscoperta   della    fede    cattolica   si   trasformò   ben    presto    in   desiderio di consacrazione,[9] che       lo        porterà        a        diventare terziario domenicano. Terzo ordine (comunemente anche Terz’ordine) è un’espressione che può riferirsi a gruppi vari di cristiani (prevalentemente laici) che seguono il carisma di un ordine religioso senza aderirvi integralmente. Nel 1925, a Messina, assumendo il nome di Fra Raimondo, nel primo nucleo di terziari fondato dal padre Enrico de Vita OP in Sicilia e, successivamente, grazie ad una speciale dispensa, anche terziario francescano, La Pira sceglie di essere “libero apostolo del Signore”, come lui stesso si definisce cercando la sua missione nella società.

Riporto qui un episodio significativo, che è una tappa della sua conversione, a cui segue il Sacramento dell’Eucarestia, che egli stesso testimonia.

La Pira rimase fortemente colpito dall’ascolto di un coro di suore e si avvicinò al cattolicesimo, convertendosi definitivamente in occasione della Pasqua del 1924. A tal proposito, La Pira ebbe a dire:

«[…] è un’alba nuova della vita. Io non dimenticherò mai quella Pasqua 1924, in cui ricevei Gesù Eucaristico: risentii nelle vene circolare una innocenza così piena, da non potere trattenere il canto e la felicità smisurata.»

Nel 1926 si trasferisce a Firenze seguendo il professor Emilio Betti, relatore della sua tesi di Diritto romano e conseguirà la laurea. Qui, in qualità di terziario, La Pira risiede in una modesta cella presso il convento domenicano di San Marco, dove rimarrà a vivere per il resto della sua vita

Rapporto con la religione

«Tutto si può capire di La Pira con la fede, niente si può capire di lui senza la fede.»
(Omelia ai funerali di La Pira, cardinale Giovanni Benelli)

Giorgio la Pira si forma spiritualmente nell’Azione Cattolica Italiana; di ferrea formazione domenicana è importante anche il legame con la spiritualità francescana. La spiritualità lapiriana è incentrata sulla visione profetica della storia (Mutuata dal profeta Isaia) e del tempo presente in cui continua l’azione di Dio. Partendo dalla attualità della Resurrezione, descritta come “Lievito trasformatore […] della realtà cosmica e storica”, La Pira pone la figura di Cristo, vivente, come riconciliatore dell’uomo con Dio: attraverso l’incarnazione, ogni problema umano è visitato, nobilitato, riscattato, non solo una volta per tutte, ma continuamente nel corso della storia. A Cristo, sostiene La Pira, deve assimilarsi attraverso la grazia, come dice san Paolo, ogni fedele,   nella   sua   vita   attiva   e   interiore.[9].   La   Pira   considera   imperante   la dimensione contemplativa nella vita interiore, sorgente del suo impegno prevalentemente pubblico, ritenendo che l’impegno politico debba essere accompagnato dall’impegno spirituale. La profonda azione sociale è, infatti, fondata sul comandamento dell’amore, inteso come la realizzazione del Corpo mistico di Gesù nella comunità locale e nella storia dell’umanità[21].

La messa del povero

Nel 1934 promuove la fondazione della “Messa del Povero” presso la chiesa di San Procolo, successivamente spostata alla Badia fiorentina, in cui viene fornita assistenza materiale e spirituale ai poveri.

Alla “messa del povero” di S. Procolo chi partecipava imparava come lotta alla povertà, alla disoccupazione fossero i segni concreti di una Chiesa povera e dei poveri, ma anche di una “repubblica”, di una “democrazia” che nascevano dalla comunione eucaristica. La “repubblica di S. Procolo” – come amava chiamarla La Pira – era il segno di una Chiesa in comunione e in cammino come la Chiesa delle origini. I poveri – scriverà ne “L’attesa della povera gente” La Pira “sono il documento vivente, doloroso, di una iniquità nella quale si intesse l’organismo sociale che li genera: sono il segno inequivocabile di uno squilibrio tremendo […] insito nelle strutture del sistema economico e sociale del paese che li tollera: essi sono la testimonianza della ulteriore sofferenza che gli uomini (i credenti) infliggono a Cristo medesimo (“lo avete fatto a me”)”.

La Messa del povero inaugurava una “comune” frutto della comunione con Dio, teologica e non anarchica. “Piccolo paradigma – scriverà La Pira – di cristianesimo sociale”, gioioso.

Eucaristia e Mediterraneo

Dalla Messa del povero l’attenzione agli ultimi, con i colloqui del Mediterraneo, attraverserà il Mare nostrum, per arrivare in Africa, nel Medio Oriente e raccogliere le attese della povera gente più lontana, ma anche per costruire cammini di pace e di giustizia, di cooperazione e di sviluppo. Dal “microcosmo fiorentino” l’attenzione agli ultimi arriverà al “macrocosmo dei popoli e delle nazioni”. Una forza provvidenziale che – scriverà La Pira a conclusione del Terzo colloquio del Mediterraneo, il 24 maggio 1961 genera” una eguaglianza ed una fraternità ed una libertà che traggono valore e saldezza da quella comune paternità divina che fa di tutti gli uomini, in maniera essenziale, i figli e i fratelli di una sola famiglia”.

Eucaristia e nuovo umanesimo

Dalla Messa del povero nasce un nuovo umanesimo, che guarda a ogni persona e pensa a una società come “una casa di grazia e di pace – sono sempre parole di La Pira – ed ove c’è per tutti una dignità, un posto e un pane”. Un umanesimo che porta La Pira a salutare l’annuncio del Concilio dato da Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, come l’occasione, lo strumento per costruire l’unità e la pace del genere umano

Attività politica

La vocazione sociale di La Pira si esprime nell’impegno politico; alle accuse e gli avvertimenti mossigli da più parti, circa il pericolo di compromissione nell’attività politica, risponderà:

«Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico -cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico- è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità.»
(Da La nostra vocazione sociale. Giorgio La Pira)

Elezione all’Assemblea Costituente

Nel 1946 viene eletto all’Assemblea costituente ed è parte integrante del nucleo centrale del “dossettismo”: nello stesso anno insieme a Giuseppe Dossetti e ad altri, fonda l’associazione Civitas Humana; fa parte della cosiddetta “comunità del porcellino”, collabora al periodico Cronache Sociali. Il gruppetto di sodali è formato da Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, La Pira, Giuseppe Lazzati.

La Pira svolge un’opera apprezzata nell’ambito della “Commissione dei 75”, specialmente nella redazione dei Principi Fondamentali. L’attuale Art. 2 della Costituzione viene modellato attorno alla sua proposta iniziale. L’Articolo 2 della Costituzione Italiana recita: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

Nella sua relazione alla Sottocommissione I, dice La Pira della nuova Costituzione italiana:” essa è necessariamente legata alla dura esperienza dello stato “totalitario”, il quale non si limitò a violare questo o quel diritto fondamentale dell’uomo: negò in radice l’esistenza di diritti originari dell’uomo, anteriori allo stato: esso anzi, accogliendo la teoria dei “diritti riflessi”, fu propugnatore ed esecutore di questa tesi: – non vi sono, per l’uomo, diritti naturali ed originari; vi sono soltanto concessioni, diritti riflessi: queste “concessioni” e questi “diritti riflessi”, possono essere in qualunque momento totalmente o parzialmente ritirati, secondo il beneplacito di colui dal quale soltanto tali diritti derivano, lo Stato.” (Giorgio La Pira)

Eletto alla Camera dei deputati nel Collegio di Firenze Pistoia con le elezioni del 18 aprile 1948, fu nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro e Previdenza sociale nel Governo De Gasperi V. Ministro era l’amico Amintore Fanfani.

SINDACO A FIRENZE

Sotto la sua amministrazione vengono ricostruiti ponti distrutti dalla guerra; viene creato il quartiere-satellite dell’Isolotto; si gettano le basi per il quartiere di Sorgano; si costruiscono, in varie zone della periferia, moltissime case popolari; si riedifica il nuovo Teatro Comunale; si realizza la Centrale del Latte; viene nuovamente pavimentato il Centro Storico., Firenze viene dotata di un numero di scuole tale da ritardare di almeno vent’anni la crisi edilizia scolastica in città. Nello stesso tempo, La Pira conduce una coraggiosa lotta in favore dei lavoratori. Famosa la strenua difesa dell’occupazione per i duemila operai delle officine Pignone, per i quali interviene con successo presso Enrico Mattei; poi della Galileo e della Fonderia delle Cure, di cui riesce ad evitare il fallimento e la chiusura. Per questi suoi interventi, fu accusato di statalismo e di “comunismo bianco”.

Questa la risposta di La Pira:

«10000 disoccupati, 3000 sfrattati, 17000 libretti di povertà. Poi le considerazioni: … cosa deve fare il sindaco? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: “scusate, non posso interessarmi di voi perché non sono statalista ma interclassista?”» (G. La Pira)

La Pira, verrà ricordato come il sindaco dell’alluvione che colpì la città nel 1966: furono restaurati palazzi, monumenti e tabernacoli, realizzate molte mense scolastiche, furono potenziati o creati eventi culturali.

La Fondazione Giorgio La Pira

Nel suo testamento, La Pira nominava erede universale il Convento di San Marco nella persona del Padre Provinciale dell’ordine domenicano cui il Convento afferisce; al tempo stesso nominava suoi esecutori testamentari tre dei suoi più stretti collaboratori: Pino ARPIONI, Fioretta MAZZEI e Antinesca TILLI. Per iniziativa degli esecutori testamentari e dell’erede universale si costituiva, nel gennaio 1978, cioè a pochi mesi dalla morte di La Pira, una Associazione che si prefiggeva lo scopo di promuovere la nascita di una Fondazione. Scopo della Associazione (e della costituenda Fondazione) era “la promozione di iniziative culturali e sociali nel nome del Prof. Giorgio La Pira per tramandarne il pensiero e l’azione a livello nazionale ed internazionale e per conservare, ed utilizzare a fini scientifici e culturali l’Archivio e la Biblioteca del Prof. Giorgio La Pira. ”Nel maggio 1995 si giungeva al riconoscimento della “Fondazione Giorgio La Pira” con sede in Firenze, in alcune stanze del complesso di San Marco in cui La Pira aveva avuto la sua Segreteria dal 1957. La Fondazione è stata eretta in Ente Morale con Decreto Ministeriale del 28 marzo 1996 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 aprile 1996.

Giorgio La Pira fu “un entusiasta testimone del Vangelo e un profeta dei tempi moderni” la cui azione, sempre ispirata “da un’ottica cristiana”, “era spesso in anticipo sui tempi”. E il suo esempio di servitore “del bene comune” è prezioso per i politici di oggi, tentati dalla ricerca dell’”esclusivo profitto personale o di un gruppo piuttosto che l’interesse di tutti” o dall’”eccessivo attaccamento al potere” che “sbarra di fatto il ricambio generazionale”. Papa Francesco lo ricorda incontrando duecento tra membri della Fondazione Giorgio La Pira e partecipanti al quinto convegno nazionale delle associazioni e dei gruppi intitolati all’uomo politico che il Pontefice ha dichiarato venerabile il

5 luglio di quest’anno. Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“GIORGIO LA PIRA, LA SANTITA’ IN POLITICA”

di Maurizio Certini

“Ricordare La Pira […] non significa cullarsi nella nostalgia del passato, ma imparare e riflettere per valutare il presente e costruire il futuro. Una figura umanamente complessa e spiritualmente gigantesca, che con il suo pensiero e la sua azione ha esplorato svariati campi, stabilendo contatti col mondo intero per concrete azioni di pace, anticipando – per certi aspetti – il Concilio Vaticano Secondo in campo ecumenico e interreligioso.

[…] La Pira è Uomo che si fa povero per scelta di vita.

Si spoglia dei propri beni materiali, donando tutto quello che possiede: lo stipendio di professore universitario, il compenso di sindaco (che lascerà al Comune per l’assistenza ai bisognosi), perfino il proprio cappotto, che – spesso – offrirà al primo indigente incontrato.

Sulle orme di Francesco d’Assisi, il messaggio che La Pira vuol dare è anche questo: tutti dipendiamo totalmente dall’amore di Dio; siamo poveri perché tutto abbiamo ricevuto e prenderne coscienza spinge alla condivisione dei beni che ci sono stati affidati per le generazioni presenti e per quelle future.” (M. Certini)

“La Pira chiede ai poveri di pregare e di amare in modo reciproco e universale, perché ognuno possiede sempre qualcosa da offrire.

Il Processo per la canonizzazione di La Pira nella sua fase istruttoria durata oltre quarant’anni si è conclusa con la formale dichiarazione pubblica voluta dal Santo Padre Francesco: La Pira ha vissuto una vita evangelicamente mirabile. Per la Chiesa cattolica è dunque il Venerabile Giorgio La Pira, profeta di Speranza. (Raffaele Vinci)

L’insegnamento di La Pira e la vera ricerca della pace

Da un articolo di Salvatore Mazza, su Avvenire di sabato 7 maggio 2022

“Non è facile parlare di pace quando tutto il mondo sembra fare il tifo per la guerra. Non lo è mai stato. Giorgio La Pira […] era uno che di pace parlava molto. E, soprattutto, faceva molto. Non fu capito. Siciliano, antifascista, fu Giovanni Battista Montini, all’epoca sostituto della Segreteria di Stato a nasconderlo quando la polizia fascista lo voleva arrestare. Nel 1958 andò a Mosca (d’accordo con il Papa, ma non col governo italiano) a parlare di disarmo in un memorabile discorso davanti al Soviet Supremo. Volle andare ad Hanoi, dove riuscì a stendere una bozza di trattato di pace insieme al leader nordvietnamita Ho Chi Minh, e a consegnarlo all’allora presidente Usa Lindon Johnson, che la respinse. Eppure, non ebbe alcun riconoscimento. Nessuno, salvo Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI, lo incoraggiò mai, né lo sostenne. “Esaltato” era l’aggettivo più benevolo con cui lo si definiva, anche all’interno della Democrazia Cristiana, il suo partito. Ma anche “buffone”, o “scemo”, o anche “comunista bianco”, per le sue iniziative sociali intraprese, da sindaco, a favore dei poveri. Su La Pira e le sue “farse devote”, come le definì il settimanale tedesco Der Spiegel, fiorirono barzellette feroci. Lui lo sapeva, e d’altra parte, come disse il cardinale Giovanni Benelli durante il suo funerale 1977,

«tutto si può capire di La Pira con la fede, niente si può capire di lui senza la fede». Disse Giovanni Paolo II nel messaggio per il centenario della nascita, nel 2004: «Amiamo pensare Giorgio La Pira definitivamente immerso nella contemplazione del Volto di Dio, quale cittadino di quella Gerusalemme del Cielo che tante volte indicò come modello della città terrena».

Conclusioni

Il pensiero di Giorgio La Pira, padre costituente, sindaco di Firenze, filosofo e docente di diritto, rappresenta un contributo essenziale al dibattito politico e alla riflessione teologica del dopoguerra. Il diritto e la fede in Giorgio La Pira hanno rappresentato «due apici inscindibili, due facce della stessa medaglia». Nessuno dei due termini interferisce o delegittima l’altro. La testimonianza di La Pira si può inserire attraverso le tre «grandi speranze» dell’uomo: quella concernente i valori della civiltà; quella di ordine economico-sociale; e quella pacificatrice. Il pensiero di Giorgio La Pira supera il dualismo fra materialismo e idealismo, per raggiungere qualcosa di più alto: una visione totale dell’uomo, unità nel molteplice, evidente anche nel modo in cui La Pira era solito salutare durante le riunioni: “Confratelli, amici, colleghi, compagni, salve”. Per La Pira le formazioni sociali (cfr. art. 2 della Costituzione) sono un «mezzo essenziale per sviluppare la personalità dell’uomo». Un pensiero che andava verso una concezione di diritto che non fosse anteriore al diritto naturale. Sappiamo che La Pira, oltre che un politico, fu anche un fervido, sincero uomo di fede. Ragione e fede: una saggezza che si radicava in ogni suo contributo, che rimane valido ancora oggi.”

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