Armi biochimiche

Armi biochimiche

Matteo Mion, Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo

 

Nell’analizzare il tema delle armi biochimiche bisogna innanzitutto trovare una definizione dell’argomento, per poi andare a dare uno sguardo agli strumenti multilaterali di supervisione e controllo per queste categorie di armi. Nella trattazione storica di questo tipo di armi si ricorre alla divisione in due macro categorie per poter affrontarne le peculiarità al meglio e di conseguenza riuscire a garantire una limitazione maggiore, queste due categorie sono: le armi biologiche e le armi chimiche.

Protocollo di Ginevra (1925)

Inizialmente il tema del controllo e del divieto di questi particolari tipi di armi di natura non convenzionale è stato sviluppato in seno al Protocollo di Ginevra del 1925. Nel quale si afferma il divieto e la condanna da parte delle società civile dell’uso in guerra dei gas asfissianti, tossici o simili, nonché di tutti i liquidi, di tutte le materie e procedimenti analoghi. Perciò il Protocollo vincola le Parti Contraenti al riconoscimento di queste proibizioni, estendendola all’uso di mezzi di guerra batteriologica. Con questo Protocollo si riconosce come diritto internazionale questo tipo di proibizioni dandone una prima limitazione nell’utilizzo.

In anni successivi a causa di un utilizzo non controllato e non regolamentato di questo tipo di armamenti si è passati ad una divisione delle sue categorie di armi, biologiche e chimiche. Sviluppata nell’ambito delle Conferenze per il Disarmo istituite dalle Nazioni Unite nel 1969 questa divisione ha portato a trattare singolarmente i due temi nelle Conferenze successive, le quali hanno portato agli strumenti di diritto internazionale che ne regolano tuttora l’aspetto normativo internazionale.

Armi biologiche

Perciò da tale divisione si ottengono due definizioni che circoscrivono campi totalmente distinti.

Nell’ambito della Conferenza per il Disarmo del 1969 nell’ambito delle Nazioni Unite vengono definite le armi chimiche come: organismi viventi, di qualsiasi natura, o sostanze infette derivate da questi organismi che hanno lo scopo di produrre malattie e causare la morte agli uomini, animali o piante e la cui efficacia dipende dalla capacità di moltiplicarsi nella persona, nell’animale o nella pianta attaccata.

Da questa definizione si ottiene la suddivisione nelle 5 tipologie principali di armi biologiche, ossia:

  • virus;

  • batteri;

  • microrganismi;

  • veleni ricavati da funghi;

  • tossine.

Cercando di attualizzare la definizione appena presentata si ottiene che: si intendono per armi biologiche quelle armi di natura batteriologica o tossica che vanno a impiegare una delle tipologie sopra presentate (tossine microbiche, altre tossine o agenti biologici) a scopo offensivo in un conflitto armato.

La modalità principale di erogazione e attacco di tali armi è mediante aerosol, benché siano possibili altre vie. L’inalazione tramite esposizione respiratoria, ingestione attraverso la contaminazione di acqua, cibo o medicine e l’esposizione dermica sono le vie d’ingresso più probabili. Un’altra possibilità comprende la disseminazione mediante vettori vivi (zanzare, zecche, ecc.). Le armi biologiche più note sono: la peste, il colera, il vaiolo, l’Aids. Altre meno conosciute e particolarmente studiate in ambito militare sono: tossine prodotte dal Clostridium botulinum;

tossine prodotte da alghe dette Sellfish poison; il batterio Bacillus antrachis che causa l’antrace; la Pasteurella pestis che provoca la peste. I batteri, come i virus, sono “esseri viventi” e in grado di riprodursi da soli, mentre le tossine non sono altro che molecole e pertanto non sono né viventi, né possono riprodursi e moltiplicarsi, ma possono essere prodotte da esseri viventi (batteri ecc.). La capacità di moltiplicazione di batteri e di virus all’interno di organismi viventi implica la possibilità di infezioni ed epidemie. Le malattie da tossine (ossia gli avvelenamenti) non possono, invece, trasmettersi da uomo a uomo.

In virtù della Convenzione sulle Armi Biologiche questo tipo di armamenti sono considerati armi di distruzione di massa e bandite dal diritto internazionale.

È proprio la Convenzione per la Proibizione delle Armi Biologiche (Biological and Toxin Weapons Convention – BTWC) il trattato multilaterale più significativo adottato per quanto riguarda il settore biologico, questa convenzione vieta per i firmatari lo sviluppo, la produzione e la detenzione di armi batteriologiche e tossiniche e impone la distruzione degli stock esistenti.

Convenzione per la Proibizione delle Armi Biologiche (1972)

Lo scopo principale della Convenzione è quello di fermare la produzione di un’intera classe d’armi, quelle biologiche appunto. La Convenzione, però, non blocca o proibisce le attività di ricerca in questo campo data la sua essenzialità nella produzione di vaccini, ma specifica che la produzione di aggressivi biologici debba essere consona agli scopi non bellici, quindi solo in piccole quantità. Il grande problema di questa Convenzione è l’assoluta mancanza di un regime di verifica e controllo internazionale. Secondo l’articolo V, infatti, se uno Stato aderente ritiene che un altro membro stia violando la Convenzione può presentare un rapporto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che decide se intervenire o meno. In questo modo, dato che le decisioni del Consiglio sono valide solo se godono dell’approvazione di tutt’e cinque i membri permanenti, questi ultimi hanno garantita l’immunità da qualsiasi tipo d’inchiesta. Ciò ha permesso all’Unione Sovietica di continuare indisturbata il proprio programma di ricerca sul biologico-militare fino ai primi anni ’90.

Lo Stato attuale della Convenzione è: di 183 Paesi che hanno firmato e ratificato la Convenzione, con l’eccezione di 8 paesi non firmatari (Ciad, Comoros, Djibouti, Eritrea, Israele, Kiribati, Micronesia, Tuvalu) e 4 che lo hanno firmato ma non ratificato (Egitto, Haiti, Somalia, Siria).

Armi chimiche

La Convenzione è stata negoziata a Ginevra nel 1972 nell’ambito della Conferenza del Disarmo, entrando poi in vigore nel marzo 1975. Si tratta del primo strumento internazionale che mette al bando un’intera categoria di armi di distruzioni di massa. La Convenzione viene sottoposta a periodiche conferenze di revisione in occasione delle quali è possibile proporre emendamenti ed apportare aggiornamenti circa gli sviluppi scientifici cui va incontro la ricerca in tale settore.

Passando invece alle armi chimiche, sono composti chimici di natura tossica inseriti in dispositivi che li disperdono principalmente nell’aria causando la morte o altri danni alle persone.

Le armi chimiche di questo secolo possono essere divise in varie categorie. Una prima distinzione, utile ai fini militari, riguarda il carattere persistente o meno dell’aggressivo chimico. Gli agenti più persistenti costituiscono un pericolo più significativo sotto forma di liquido, mentre gli agenti meno persistenti creano un serio pericolo sotto forma di vapori. Le armi chimiche persistenti (iprite, VX) sono idonee per la contaminazione di un’area per una durata prolungata, mentre quelle non persistenti (sarin e cianuri) lo sono per assalti tattici diretti a causa della loro rapida evaporazione. Vento, temperatura, pioggia e stabilità atmosferica giocano un ruolo significativo nell’aumentare o nel diminuire l’impatto di qualsiasi agente dato. Gli agenti chimici sono simili a quelli biologici per il fatto che hanno come principali vie d’ingresso l’inalazione, l’ingestione o la via dermica. Essi differiscono dalle loro controparti biologiche per il fatto che la maggior parte degli agenti chimici indurrà un effetto immediato.

Una seconda distinzione è basata sulla letalità delle varie armi chimiche. Sul confine della stessa definizione di armi chimiche troviamo i gas molestanti usati dalle polizie di tutto il mondo. Si tratta di aggressivi chimici non persistenti utilizzati per disperdere gli assembramenti di folla. Tali armi hanno come obiettivo di causare l’invalidità temporanea attraverso disturbi fisici. Poi troviamo gli agenti incapacitanti, che producono effetti disabilitanti temporanei, della durata di ore o anche giorni. Gli incapacitanti attaccano il sistema nervoso centrale e si dividono in depressivi e stimolanti. Il più noto esempio di questa categoria di agenti chimici è il Bz. Le armi chimiche vere e proprie sono quelle che possono produrre effetti letali e sono suddivise a seconda dei loro effetti. I gas asfissianti sono aggressivi non persistenti che attaccano l’apparato respiratorio, facendone dilatare le membrane. Tali gas (fosgene (Cg), disfogene (Dp) e la cloropicrina (Ps)) sono considerati armi chimiche della prima generazione, e sono stati utilizzati nella prima guerra mondiale. Sempre alla prima generazione appartengono i gas antimetabolizzanti che attaccano il sangue. I gas vescicanti (l’iprite 8 (H) e la lewisite (L)) sono invece considerate armi chimiche della seconda generazione, che attaccano la cute e che producono grandi vesciche d’acqua che facilmente possono diventare infette e infine possono dare la cecità. I gas nervini attaccano invece il sistema nervoso. Gli effetti iniziali comprendono disturbi alla vista, nausea, vomito, difficoltà respiratorie e di ragionamento. Poco dopo arrivano le convulsioni, il coma e la morte. I più noti gas nervini sono: Tabun (Ga), Sarin 9 (Gb), Vx.10 Tali gas sono considerati la terza generazione delle armi chimiche e sono stati utilizzati in alcuni conflitti locali nel secondo dopoguerra. Una volta inalati, tali gas paralizzano il sistema nervoso e provocano la contrazione del diaframma finché la vittima muore per soffocamento.

Convenzione armi chimiche (CWC) (1973)

La Convenzione di Parigi per la proibizione delle armi chimiche del 1993 mette al bando tale categoria di armi di distruzioni di massa ed istituisce l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) con sede a L’Aja.

La Convenzione proibisce qualsiasi attività rivolta allo sviluppo, produzione, acquisizione, detenzione, conservazione, trasferimento ed uso di armi chimiche e dei materiali ad esse collegati; a tal fine introduce uno specifico sistema di verifiche sotto controllo internazionale che, oltre alla distruzione delle armi chimiche esistenti negli Stati Parte, si pone l’obiettivo di tenere sotto controllo la produzione e l’impiego di determinate sostanze chimiche di largo consumo civile, ma che sono potenzialmente utilizzabili anche per la produzione di armi chimiche. Gli Stati Parte si sono altresì impegnati ad adeguare la propria legislazione nazionale adottando sanzioni contro chiunque commetta violazioni della Convenzione sul territorio nazionale.

Il sistema di controllo internazionale instaurato dalla Convenzione si basa su dichiarazioni ed ispezioni; le dichiarazioni, rese periodicamente dagli Stati Parte all’Organizzazione Internazionale de L’Aja, comprendono quelle attività civili e militari che, in base alla Convenzione, devono essere tenute sotto controllo internazionale e che a tal fine rientrano negli obblighi di notifica. Il sistema di verifica comprende visite ispettive “di routine” negli Stati Parte effettuate con brevissimo preavviso dagli ispettori internazionali dell’OPAC, volte ad accertare la rispondenza tra le situazioni riscontrate e quanto dichiarato nelle precedenti dichiarazioni periodiche dello Stato Parte; nei casi sospetti e su specifica richiesta di uno Stato Parte, possono essere effettuati dall’OPAC accertamenti ed anche ispezioni “su sfida”, che tendono a riscontrare sul posto la veridicità di accuse o sospetti di violazioni agli obblighi della Convenzione, situazioni non indicate nelle dichiarazioni periodiche, oppure ad accertare l’uso presunto di armi chimiche.

Si è registrato negli ultimi anni un preoccupante ritorno dell’uso di armi chimiche, in violazione della Convenzione di Parigi. L’Italia è fortemente impegnata a sostegno dell’OPAC contro il loro utilizzo da parte di chiunque, ovunque, e in ogni circostanza, e sostiene la necessità dell’individuazione e del perseguimento dei responsabili di tali crimini.

Presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è stato istituito l’Ufficio dell’Autorità Nazionale per l’attuazione della Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche. L’Autorità Nazionale cura i rapporti con l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) e con le Autorità Nazionali degli altri Stati Parte; assiste alle attività di verifica condotte in Italia dagli ispettori internazionali; assiste le industrie nazionali nel dare attuazione alla Convenzione riceve; controlla e trasmette all’OPAC le dichiarazioni sulle attività svolte dalle industrie chimiche e farmaceutiche; predispone la Relazione Annuale al Parlamento sullo stato di esecuzione della Convenzione e degli adempimenti effettuati; dispone misure di verifica, anche mediante ispezioni, sugli impianti e sulle attività dei soggetti agli obblighi previsti dalla convenzione stessa.

Lo Stato attuale della Convenzione è: di 193 Paesi che hanno firmato e ratificato la Convenzione, con l’eccezione di 3 paesi non firmatari (Egitto, Nord Corea, Sud Sudan) ed il solo Israele che lo ha firmato ma non ratificato.

Sviluppo, uso e tentativi di proibizione delle armi chimiche e batteriologiche

Il problema del controllo delle armi chimiche e batteriologiche è contemporaneo alla nascita di questo tipo di armi. Uno dei principali motivi per cui un dato tipo di arma viene accettato ed un altro rifiutato è la sua maggiore o minore efficacia nell’insieme della strumentazione militare dell’epoca. Ma è innegabile che, al di fuori del suo valore puramente militare, sia sempre esistita una forte opposizione delle società nel loro complesso ad alcuni tipi di armi e guerra, ritenute “disumane”. Divieti dell’uso militare di veleni e malattie, precursori delle attuali armi chimiche e biologiche, si trovano nelle prescrizioni religiose e legislative dei popoli più distanti e diversi: dai testi epici indiani agli scritti cinesi fino ad arrivare al mondo greco. Questa profonda tendenza limitativa non ha impedito l’uso, in determinati periodi e circostanze, di armi di sterminio. Relativamente all’impiego delle armi biologiche, tuttavia, occorre dire in via preliminare che, a parte talune applicazioni empiriche dei secoli passati, notizie sicure su guerre biologiche effettivamente praticate non sono frequenti. Ciò dipende dal fatto che è difficile dimostrare la genesi dolosa di una epidemia e dalla constatazione che nessun Paese ha mai ammesso di aver ricorso ad armi microbiologiche.

 

Bibliografia

IRIAD, Protocollo di Ginevra 1925
IRIAD, Convenzione sulla proibizione dello sviluppo e immagazzinamento di armi biologiche e tossiche e sulla loro distruzione (BWC)
IRIAD, Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche (CWC)
C. Verderame, “Le armi biochimiche regimi internazionali in materia di divieto”, in “Sistema Informativo a Schede”, Febbraio 2002
C. Verderame, “Le armi biochimiche definizioni e sviluppo”, in “Sistema Informativo a Schede”, Novembre-Dicembre 2001
B. Gallo, “La minaccia invisibile delle armi biologiche: uno scenario in evoluzione”, in “IRIAD Review”, Maggio 2020
N. Labanca, “Armi chimiche in Italia: storia e cronaca”, in “IRIAD Review”, Maggio 2020
R. Daveri, “Armi chimiche siriane: il problema dello smaltimento”, in “Sistema Informativo a Schede”, 1/2014

 

Filmografia

Fraulein Doktor (1969), regia di Alberto Lattuada, ambientato nella Prima Guerra Mondiale;
1917 (2019), diretto da Sam Mendes, sull’utilizzo di armi chimiche nella guerra di trincea della Prima Guerra Mondiale;
Contagion (2011), diretto da Steven Soderbergh, con protagonisti Marion Cotillard, Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet e Bryan Cranston;
Alla mia piccola Sama (2019), diretto da Waad al-Kateab ed Edward Watts, sulla guerra civile siriana.