Consegnata in sordina la prima Fregata Fremm all’Egitto: evidente imbarazzo del Governo, urgente un dibattito in Parlamento
Lo scorso 23 dicembre con una cerimonia in sordina e non pubblicizzata (come di solito avviene) è stata consegnata da Fincantieri agli ufficiali della Marina Militare dell’Egitto, presso i cantieri del Muggiano a La Spezia, la fregata multiruolo Fremm Spartaco Schergat, ora ribattezzata “al-Galala”. Il tentativo di temere nascosta la consegna e la successiva partenza alla volta dell’Egitto durante il periodo Natalizio manifesta chiaramente l’imbarazzo da parte del Governo italiano per tutta questa operazione: non solo nessun rappresentante dell’Esecutivo ha partecipato alla cerimonia, ma non ci risulta alcun comunicato ufficiale da parte dei vari Ministeri in qualche modo coinvolti (Ministero della Difesa, degli Affari Esteri e dello Sviluppo Economico).
Riteniamo sia inaccettabile non solo questa insolita modalità di consegna (che stride con la sopravvalutazione dell’impatto economico dell’accordo, che invece sarà in perdita) ma tutta l’operazione legata alla vendita di due fregate Fremm all’Egitto. Si tratta infatti, è opportuno ricordarlo, di due navi militari (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi) originariamente destinate (tanto da essere ormai prossime alla consegna) alla Marina Militare italiana che sono state poi invece vedute all’Egitto senza alcuna comunicazione ufficiale al Parlamento, che negli anni scorsi aveva approvato lo stanziamento dei fondi per la loro produzione e fornitura alla Marina Militare nell’ambito del programma pluriennale di co-produzione con la Francia gestito dal consorzio internazionale OCCAR.
La Rete Italiana Pace e Disarmo ritiene soprattutto inammissibile che questa ed altre forniture militari all’Egitto, Paese coinvolto nel conflitto in Libia e il cui regime autoritario è responsabile di incarcerazioni persecutorie nei confronti degli attivisti per i diritti umani, vengano concretizzate senza alcun dibattito in Parlamento in chiara violazione della legge 185 del 1990. Una legge che (in piena coerenza con norme internazionali successive ratificate dall’Italia, come il Trattato ATT) regolamenta le esportazioni di sistemi e materiali militari italiani e che prevede che l’esportazione di armamenti sia vietata “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere” (art. 1. c. 6). L’operazione di vendita è inoltre intollerabile in considerazione della mancata collaborazione da parte delle autorità egiziane a fare chiarezza sulla terribile omicidio del nostro connazionale Giulio Regeni e della prolungata incarcerazione del giovane studente Patrick Zaki e di migliaia di attivisti e oppositori politici da parte del regime del generale al Sisi. Non a caso lo scorso 16 dicembre il Parlamento Europeo ha approvato una specifica Risoluzione che denuncia l’aumento delle esecuzioni in Egitto, il ricorso alla pena capitale e le sistematiche violazioni alle libertà di espressione e dei diritti di difesa e nella quale, si esortano gli Stati membri dell’Unione Europea a sospendere la vendita di armi all’Egitto chiedendo “una revisione profonda e completa delle relazioni dell’Ue con l’Egitto”, ivi compresa la possibilità di misure restrittive nei confronti di alti dirigenti responsabili di violazioni dei diritti umani. Tale Risoluzione è stata votata alla vigilia delle mobilitazioni “Stop Armi Egitto” promosse in oltre 30 città italiane dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e che hanno visto la partecipazione simbolica di attivisti in rappresentanza di centinaia di organizzazioni della società civile per la pace, il disarmo, la nonviolenza.
Per tutti questi motivi e in considerazione delle ipotizzate forniture da parte dell’Italia all’Egitto di altre quattro fregate, 20 pattugliatori, unitamente a 24 caccia multiruolo Eurofighter e 20 aerei addestratori M346 ed altro materiale militare del valore tra i 9 e gli 11 miliardi di euro rinnoviamo al Governo la richiesta di sottoporre l’intera questione all’attenzione delle Camere e in tal senso esortiamo il Parlamento a richiedere con urgenza un dibattito approfondito sulle esportazioni di sistemi militari all’Egitto.