Il commercio di armi continua ad alimentare guerre: a 10 anni dal Trattato ATT necessario che gli Stati parti lo applichino integralmente
E’ iniziata ieri a Ginevra la Decima conferenza degli Stati Parti del Trattato ATT (Arms Trade Treaty) che regola il commercio e i trasferimenti internazionali di armi. Approvato nel 2103 grazie all’enorme lavoro di informazione e pressione della società civile internazionale riunita nella campagna “Control arms” (di cui anche Rete Pace Disarmo fa parte), il Trattato è poi entrato in vigore la vigilia di Natale del 2014 a seguito della cinquantesima ratifica. Si tratta di una pietra miliare della normativa internazionale ispirata al cosiddetto “disarmo umanitario” poiché prima di quel momento non esisteva alcuna norma globale che regolasse i trasferimenti di sistemi d’arma convenzionali, lasciata invece completamente in balia delle decisioni specifiche di ogni singolo Stato, oltre che agli interessi del complesso militare-industriale-finanziario.
Oggi i civili continuano a subire i tragici effetti della guerra in numerosi contesti. L’uso della violenza sessuale e della fame come armi da guerra e la distruzione di infrastrutture critiche sono dilaganti. I principali Stati esportatori di armi avrebbero un ruolo cruciale da svolgere nell’incoraggiare il rispetto delle norme e standard internazionali. Ponendo fine alla fornitura di armi, munizioni, parti e componenti di armi in contesti in cui potrebbe esserci un rischio eccessivo di commettere violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani gli Stati non solo adempirebbero agli obblighi previsti dalle Convenzioni di Ginevra e dal diritto consuetudinario internazionale, ma potrebbero aiutare a prevenire le sofferenze dei civili. Porre fine alla fornitura di armi alle zone di conflitto è essenziale per proteggere i civili e sostenere il diritto internazionale.
Va ricordato come il Trattato ATT richieda agli Stati parti (attualmente 115) e ai firmatari (al momento 27, mentre 53 Paesi non hanno ancora aderito in alcun modo) di proibire i trasferimenti di armi convenzionali se sono a conoscenza del fatto che verrebbero utilizzate in attacchi diretti contro obiettivi civili o usate per commettere o facilitare altri crimini di guerra.
Prima di autorizzare qualsiasi trasferimento di armi, l’ATT – che l’Italia ha ratificato nel 2013 con voto unanime del Parlamento – richiede anche agli Stati parte e ai firmatari di valutare il rischio che le esportazioni di armi convenzionali possano minare la pace e la sicurezza, o essere usate per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani. Se esiste un rischio sostanziale di queste conseguenze negative, lo Stato parte non deve autorizzare l’esportazione.
Hine-Wai Loose, direttrice di Control Arms ha sottolineato: “Il primo decennio del Trattato sul commercio delle armi è stato oscurato da persistenti e gravi violazioni delle sue disposizioni, in quanto gli Stati parte hanno troppo spesso dato priorità alle alleanze politiche e ai profitti rispetto alle vite umane. Senza il rispetto e la responsabilità, qual è il valore del diritto internazionale?”. Il commercio internazionale di armamenti sta infatti riprendendo vigore, anche a causa dell’inasprirsi sia dei conflitti tra Stati che di situazione di violenza e tensione strutturali. Lo evidenziano sia i dati che le notizie provenienti da troppi teatri di conflitto.
Per tali motivi le organizzazioni della società civile global hanno espresso preoccupazione per il fatto che i Paesi non stiano rispettando premesse e promesse del Trattato ATT, pensato ed elaborato con la speranza di porre fine al trasferimento di armi utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani e minare lo sviluppo. Nonostante alcuni sviluppi positivi, infatti, nell’ultimo decennio si sono verificati numerosi casi in cui gli Stati parti dell’ATT e i firmatari sono venuti meno ai loro obblighi, in particolare in relazione all’obiettivo centrale del Trattato di ridurre la sofferenza umana. Una misura chiave della conformità è se i trasferimenti di armi vengono fermati quando le prove suggeriscono che potrebbero essere utilizzati per violare i diritti umani internazionali o il diritto umanitario. Ciò non è accaduto in troppi casi, tra cui è opportuno ricordare i conflitti in Yemen, Ucraina, Palestina, Siria, Iraq…
“Il Trattato ATT è un risultato normativo significativo, per cui abbiamo lavorato molto anche in Italia – sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore campagne di Rete Pace Disarmo – Ma dobbiamo anche evidenziare i fallimenti degli Stati parti, perché molte aspettative del Trattato rimangono insoddisfatte. Il rispetto e l’attuazione degli obblighi previsti nel testo (anche quelli di trasparenza) hanno lasciato molto a desiderare e la sua concreta implementazione deve tornare al centro dell’attenzione nel secondo decennio del Trattato”. Attività che minano nel profondo i principi e le indicazioni dell’ATT sono poi condotte anche a livello nazionale, non solo a causa di autorizzazioni all’esportazione che non sono in linea con i principi del Trattato ma anche con tentativi di modifiche legislative che indeboliscono il controllo. Come nel caso attuale del Governo italiano che ha chiesto al Parlamento di discutere una modifica della Legge 185/90 (che implementa a livello nazionale il Trattato, come esplicitamente dichiarato durante il processo di ratifica) che ridurrebbe drasticamente controllo e trasparenza sull’export di armi italiane. Una scelta errata contro cui si è schierata una vasta coalizione della società civile italiana che ha promosso la mobilitazione “Basta favori ai mercanti di armi”.