L’azione legale per accertare le responsabilità dell’invio di armamenti verso il conflitto in Yemen
Responsabilità europea per i crimini di guerra in Yemen – Complicità di RWM Italia e dell’autorità italiana per l’esportazione di armi?
L’incidente mortale dell’8 ottobre 2016
Alle 3 del mattino dell’8 ottobre 2016, un attacco aereo – che si presume sia stato effettuato dalla coalizione militare a guida saudita – ha colpito un’abitazione civile nel villaggio di Deir Al-Hajari, nel governatorato di Al Hudaydah, nel nord-ovest dello Yemen. L’attacco aereo ha ucciso una famiglia di sei persone, tra cui una madre incinta e i suoi quattro figli. Episodi come questo sono diventati l’orrore comune per i civili nello Yemen da anni. Come in molti altri casi, si è trattato di un attacco aereo senza alcuna ragione militare identificabile, che ha colpito i civili, in questo caso di sorpresa notturna. L’incidente di Deir Al- Hajari è ben documentato, poiché un osservatore sul campo di Mwatana per i diritti umani, un’organizzazione yemenita partner del Centro europeo per i diritti costituzionali e umani, si trovava sulla scena il giorno dopo.
Sul luogo dell’attacco aereo sono stati trovati resti di bombe che indicano che il tipo di bomba utilizzata era una bomba guidata del tipo MK80. Tra le macerie è stato rinvenuto anche un capocorda di sospensione, necessario per fissare la bomba all’aereo. I suoi marchi di serie indicano chiaramente che è stata fabbricata da RWM Italia SpA, una filiale italiana della tedesca Rheinmetall AG. Non vi è alcuna indicazione che i civili uccisi siano stati “danni collaterali”, dal momento che è stata utilizzata una bomba guidata, mentre un posto di blocco militare che, secondo i testimoni, si trovava a più di 300 metri di distanza non è stato preso di mira e non lo è più stato. Attacchi come questo si verificano frequentemente nel conflitto in Yemen. Gli attacchi intenzionali contro la popolazione civile in quanto tale, o contro singoli civili che non partecipano direttamente alle ostilità, costituiscono crimini di guerra.
Gli autori diretti di questo crimine commesso in Yemen – i politici della coalizione e il loro personale militare – potrebbero non essere perseguiti in questo momento. Tuttavia, i loro fornitori – come imprese e funzionari statali in Italia – potrebbero essere assicurati alla giustizia.
L’intervento legale contro RWM Italia e i funzionari di UAMA
Nell’aprile 2018, ECCHR, Mwatana e Rete Italiana Pace e Disarmo, con il supporto dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL), hanno presentato alla Procura della Repubblica di Roma una denuncia penale contro i dirigenti di RWM Italia e alti funzionari dell’autorità nazionale italiana per l’esportazione di armamenti UAMA.
La denuncia si concentra sull’attacco aereo a Deir Al-Hajari. La denuncia sostiene la responsabilità penale dei dirigenti di RWM Italia e dei funzionari di UAMA per l’esportazione di almeno una parte dell’arma letale utilizzata nell’attacco all’Arabia Saudita o a un altro Stato membro della coalizione militare a guida saudita.
Nonostante robuste indicazioni sul fatto che la guerra della Coalizione in Yemen stava provocando significative perdite di vite civili e violazioni del diritto umanitario internazionale, le esportazioni di bombe e altre armi verso gli Stati membri della coalizione non si sono fermate e continuano ad avere luogo. In Italia, l’UAMA autorizza queste esportazioni di armamenti prodotti in Italia.
Pertanto, la denuncia presentata da ECCHR, Mwatana e Rete Pace Disarmo ha chiesto che la procura italiana indaghi, tra le altre cose, sulla responsabilità penale di questi dirigenti e funzionari in Italia per, come minimo, la loro complicità per colpa grave in omicidio e lesioni personali ai sensi degli articoli 589, 590 e 61 n.3 del Codice Penale italiano. A seconda dei risultati delle indagini del pubblico ministero, le loro azioni potrebbero addirittura configurare un concorso intenzionale in omicidio e lesioni personali ai sensi degli articoli 110, 575 e 582 del Codice Penale. Inoltre, la denuncia ha chiesto di indagare sul presunto abuso di potere da parte dei funzionari dell’UAMA ai sensi dell’articolo 323 (2) del Codice penale italiano.
A seconda delle conclusioni finali, questo caso potrebbe illustrare come le imprese e le autorità governative europee possano influenzare i conflitti armati e contribuire a consentire agli attori dei conflitti armati di commettere violazioni del diritto umanitario internazionale e gravi violazioni dei diritti umani. L’ECCHR, Mwatana e Rete Disarmo chiedono che la procura italiana prenda provvedimenti investigativi per ritenere i dirigenti dell’azienda e i funzionari dell’UAMA responsabili delle loro azioni.
Poiché i governi europei interpretano in modo poco stringente il Ttrattato internazionale sul commercio di armi (ATT) e la posizione comune dell’UE 2008/944/PESC sull’esportazione di armi e il diritto interno, un flusso costante di nuove armi dall’Europa contribuisce ad alimentare il conflitto nello Yemen. Inoltre, non esiste una pratica corrente per ritenere responsabili gli esportatori di armi, in particolare quando l’esportazione avviene sotto licenza ufficiale. In questo contesto, ECCHR, Mwatana e Rete Pace Disarmo intendono scoprire la responsabilità legale di coloro che assistono la coalizione militare a guida saudita, una coalizione che commette regolarmente gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, che potrebbero configurarsi come crimini di guerra.
Il corso delle indagini penali
A seguito della presentazione della denuncia penale, la Procura di Roma ha aperto un’indagine penale sul presunto abuso di potere da parte dei funzionari dell’UAMA e del dirigente della RWM Italia S.p.A, ai sensi dell’articolo 323 (2) del Codice Penale italiano. Nel corso delle indagini, sono state acquisite informazioni e prove rilevanti per valutare la potenziale complicità dei dirigenti della società e delle autorità italiane preposte all’esportazione nei crimini di guerra. Ciononostante, nell’ottobre 2019 la Procura ha chiesto l’archiviazione del caso, sostenendo che la decisione dell’UAMA di autorizzare l’esportazione di bombe ai membri della Coalizione a guida saudita fosse legittimata dall’interesse pubblico di proteggere l’economia nazionale. Nonostante questa archiviazione, il procuratore ha confermato che la sua indagine ha dimostrato che il capocorda di sospensione utilizzato nell’attacco aereo dell’ottobre 2016 in Yemen apparteneva a un lotto prodotto da RWM Italia e spedito all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti tra il 9 aprile e il 15 novembre 2015, dopo che la coalizione aveva iniziato le sue operazioni militari in Yemen. Il pubblico ministero non ha riesaminato né motivato l’archiviazione delle accuse di omicidio e lesioni personali.
L’ECCHR, Mwatana for Human Rights e Rete Italiana Pace e Disarmo si sono opposti alla decisione davanti al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), che nel febbraio 2021 ha respinto in toto le argomentazioni del procuratore e ha ordinato la prosecuzione delle indagini. Il GIP ha chiarito che l’ATT e la Posizione comune dell’UE sono direttamente applicabili e che la legge italiana sui trasferimenti di armi deve essere interpretata in conformità con questi e con gli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani. A questo proposito, il GIP ha stabilito che l’obbligo dell’Italia di salvaguardare i livelli occupazionali “non può, neppure astrattamente, giustificare una deliberata violazione delle norme che vietano l’esportazione di armi verso Paesi responsabili di gravi crimini di guerra e contro le popolazioni civili”.
Il 7 dicembre 2021, senza aver completato le indagini disposte dal GIP, il Pubblico Ministero ha deciso di chiedere per la seconda volta l’archiviazione del caso. I denuncianti hanno impugnato la decisione e hanno chiesto al GIP di procedere al processo. Dopo oltre cinque anni di indagini, il 10 marzo 2023, il GIP di Roma ha deciso di chiudere le indagini, pur confermando che l’Autorità Nazionale per l’Esportazione di Armamenti (UAMA) italiana aveva agito “in violazione almeno degli articoli 6 e 7 del Trattato sul Commercio di Armi (ATT)” rilasciando licenze di esportazione alla RWM Italia S.p.A.”, pur essendo “certamente consapevole del possibile utilizzo delle armi vendute dalla RWM all’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen a danno dei civili”. Data la gravità delle accuse presentate nel caso e le prove convincenti raccolte nel corso di quasi cinque anni di indagini, la nostra analisi rileva che le argomentazioni alla base della decisione del giudice appaiono viziate dal punto di vista fattuale e giuridico. Alcune delle carenze più evidenti della decisione sono riportate qui.
La decisione di chiudere le indagini non solo nega alle persone colpite dall’attacco aereo l’accesso alla giustizia e a un processo equo, ma si pone anche in netto contrasto con le prove raccolte in anni di indagini.
Ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo
A seguito della decisione del GIP di chiudere le indagini penali in Italia, il 4 luglio 2023 le vittime dell’attacco di Deir Al Hajari hanno presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte europea dei diritti dell’uomo. I ricorrenti sostengono che lo Stato italiano ha violato l’articolo 2 della CEDU (diritto alla vita), in quanto, nonostante i ricorrenti avessero denunciato l’omicidio dei loro parenti, le autorità giudiziarie italiane hanno omesso di indagare sui reati di omicidio e lesioni personali, in contrasto con il diritto costituzionale italiano e con i principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa principale Öneryildiz c. Turchia.
Inoltre, i ricorrenti sostengono che le autorità italiane hanno omesso di sospendere e revocare l’autorizzazione all’esportazione di bombe verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, nonostante fossero consapevoli del chiaro rischio che tali armi potessero essere utilizzate per la commissione di crimini di guerra e in violazione del diritto internazionale dei diritti umani, compreso il diritto alla vita, come è stato confermato dal Giudice per le indagini preliminari (GIP) di Roma nel marzo 2023.
Per rispettare i loro obblighi ai sensi della CEDU, gli Stati europei devono garantire indagini efficaci sulla responsabilità di coloro che hanno potenzialmente contribuito alla commissione di crimini di guerra in Yemen attraverso l’esportazione di armamenti europei. Il ricorso offre alla Corte europea dei diritti dell’uomo l’opportunità senza precedenti di garantire che gli Stati europei assicurino l’accesso alla giustizia alle vittime di crimini di guerra commessi con armi europee.
I richiedenti sono sostenuti dalle organizzazioni per i diritti umani Mwatana for Human Rights, Rete Pace e Disarmo e dal Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (ECCHR).
Qual è il rapporto tra il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e il procedimento presso la Corte penale internazionale?
Lo sciopero di Deir Al-Hajari è oggetto di una comunicazione della CPI presentata sulla base dell’art. 15 dello Statuto di Roma dalle organizzazioni Mwatana for Human Rights, ECCHR e Rete Pace e Disarmo all’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale (OTP). In questa comunicazione alla CPI, le organizzazioni richiedenti chiedono che l’OTP apra un’indagine sulla potenziale complicità dei commercianti di armi dei nostri Paesi europei e del Regno Unito, tra cui RWM Italia, nei crimini di guerra presumibilmente commessi dalla Coalizione a guida saudita in Yemen dal marzo 2015. Allo stato attuale, la CPI ha aperto un esame preliminare – il primo passo delle Comunicazioni secondo l’articolo 15.
Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo differisce sostanzialmente dalla comunicazione presentata alla CPI per quanto riguarda le parti coinvolte, le disposizioni giuridiche applicabili e il tipo di riparazione richiesta. Mentre l’istanza della Corte europea dei diritti dell’uomo riguarda la responsabilità dello Stato italiano per la violazione del suo dovere di proteggere il diritto alla vita e di condurre indagini efficaci sulla sua potenziale violazione da parte di attori pubblici o privati, la comunicazione della Corte penale internazionale riguarda la responsabilità penale di funzionari statali e attori aziendali per il loro contributo ai crimini di guerra.