Persone e pianeta non si difendono con gli armamenti: invertiamo la rotta e riduciamo le spese militari.
I nuovi dati SIPRI confermano la continua crescita delle spese militari, arrivate alla soglia dei 2.000 miliardi di dollari annui. Spese in crescita anche in Europa e in Italia.
La società civile chiede invece un taglio del 10% e un trasferimento di fondi alla lotta contro la pandemia globale e per la ripresa economica.
Oggi la società civile mondiale è impegnata nel momento più importante delle “Giornate Globali di azione sulle spese militari” coordinate dalla Global Campaign on Military Spending (GCOMS) con numerose conferenze stampa ad ogni longitudine.
La Campagna mondiale è promossa dall’International Peace Bureau (IPB, Premio Nobel per la Pace 1910) e rilanciata nel nostro Paese dalla Rete Italiana Pace e Disarmo. Obiettivo principale dell’azione è informare e ribadire la richiesta urgente di uno spostamento di fondi (almeno il 10% annuo) dai bilanci militari verso altri obiettivi: la lotta contro la pandemia da Covid-19 e il rimedio alle crisi sociali e ambientali che colpiscono vaste aree del mondo.
“In quest’anno in cui tutti i popoli del mondo hanno sofferto per le conseguenze della pandemia, gli Stati hanno continuato a spendere infinitamente più per le armi e la militarizzazione che per i bisogni delle persone – sottolinea Lisa Clark, co-presidente internazionale di IPB e attivista della RIPD – Globale è la pandemia, globale è la crescita delle spese militari, ma globale è anche la campagna lanciata da IPB: le prime conferenze stampa sono già avvenute in Nuova Zelanda e poi nelle Filippine; in queste ore tocca agli Stati europei; la giornata di Azione Globale contro le spese militari si concluderà poi negli Stati Uniti e in America Latina”.
La richiesta della società civile ai Governi di tutto il mondo è chiara: ridurre drasticamente le spese militari, specialmente quelle dei Paesi che rappresentano la quota maggiore del totale, trasferendo le risorse liberate verso i settori della sicurezza umana, in particolare per affrontare la pandemia da coronavirus e il collasso economico e sociale che ne è seguito. “È tempo di riadattare le nostre priorità come società e di adottare un nuovo paradigma di difesa e sicurezza che metta le necessità umane e ambientali al centro delle politiche e dei bilanci” si legge nell’Appello della Campagna GCOMS sottoscritto e promosso anche dalla Rete Italiana Pace e Disarmo.
Nonostante sia chiaro come le armi e gli eserciti non garantiscano maggiore sicurezza, e al contrario rendano sempre più catastrofiche le conseguenze dei conflitti attualmente in corso e quelli futuri, nel 2020 gli investimenti per armi ed eserciti a livello globale sono cresciuti ancora. Pur in un anno tragico caratterizzato da una pandemia che ha travolto i sistemi sanitari di tutto il mondo, il SIPRI di Stoccolma ha registrato per il 2020 un aumento del 2,6% della spesa militare che ha raggiunto la cifra record di 1.981 miliardi di dollari, cioè oltre 5,4 miliardi dollari al giorno (si veda questa scheda per ulteriori dettagli). Un aumento continuo ed inarrestabile (negli ultimi dieci anni la crescita è stata del 9,3%) che certifica una nuova corsa agli armamenti a beneficio di pochi e a vantaggio delle industrie del settore difesa. E niente di tutto questo ci ha reso più sicuri.
I dati SIPRI evidenziano come il solo bilancio militare complessivo dei paesi della NATO sia di circa 1.103 miliardi di dollari, cioè il 56% della spesa militare globale. La Cina ha aumentato il proprio budget militare per il 26° anno consecutivo ed anche India e Russia registrano una crescita, mentre il Regno Unito si issa al quinto posto della lista e la Germania continua i propri robusti aumenti superando la Francia per spesa militare complessiva. Ed esiste il rischio ulteriore di un contributo diretto anche dell’Unione Europea (non solo dei suoi stati membri) a questa nuova corsa agli armamenti: già dal 2017 l’UE sta finanziando progetti di ricerca e sviluppo per nuove armi e tecnologie militari e proprio questa settimana il Parlamento Europeo ha in programma un dibattito e un voto decisivo sul Fondo Europeo per la Difesa. Se adottato, questo Fondo impegnerà circa 8 miliardi di euro del budget UE 2021-27 per prepararsi la guerra sottraendo risorse ai progetti civili. Una direzione contraria a quel “progetto di Pace” che l’Unione Europea ha cercato di incarnare fin dall’inizio.
Situazione del tutto simile per l’Italia: per il SIPRI nel 2020 la spesa è stata di 28,9 miliardi di dollari (+7,5% rispetto al 2019) ed anche le stime elaborate dall’Osservatorio Mil€x con una nuova metodologia confermano una decisa crescita tra il 2019 e il 2020 evidenziando già un balzo (+8,1%) anche relativamente al 2021. La spesa militare previsionale è di circa 25 miliardi (quasi due miliardi in più) con oltre 7 miliardi di euro sono destinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma.
“Mai come ora è necessario ripensare a come viviamo, avendo come riferimento l’umanità nel suo insieme e la nostra convivenza con la natura. Un cambiamento culturale, prima ancora che politico, che implica un ripensamento sugli investimenti e le direzioni delle scelte pubbliche abbandonando la cultura della guerra per costruire una cultura di cooperazione e di vera Pace – afferma Sergio Bassoli, coordinatore della ‘Cabina di Regia’ della RIPD – Queste Giornate Globali sono una importante opportunità per ribadire che le risorse degli Stati devono essere investite per sconfiggere le diseguaglianze, le ingiustizie, le nuove e vecchie forme di schiavitù, la corruzione, il mercato di esseri umani e le morti in mare. Non per armarci in maniera insensata“.