Sei organizzazioni palestinesi nella lista delle associazioni terroristiche: il Governo italiano intervenga
Le organizzazioni della società civile sono estremamente allarmate per la recente decisione del Ministero della Difesa israeliano Benny Gantz di designare come “terroriste”, sei organizzazioni della società civile palestinese. Si tratta del culmine di una lunga campagna diffamatoria, denigratoria, di delegittimazione e intimidazione che il governo israeliano da anni sta portando avanti, anche con il supporto di organizzazioni come NGO Monitor, contro le organizzazioni della società civile palestinese impegnate nella difesa e promozione dei diritti umani.
Il provvedimento si basa sulla legge israeliana contro il terrorismo adottata nel 2016, con la quale ampi poteri vengono dati al Ministero della Difesa riguardo all’adozione di misure amministrative, con gravi ripercussioni di natura penale. La minaccia incombente sui difensori per i diritti umani che lavorano per queste organizzazioni è quella dell’arresto, della chiusura delle sedi e della confisca dei beni. Se tutto ciò dovesse accadere, si creerebbe un danno significativo e concreto per la popolazione civile, in particolare donne e minori, che verrebbe privata di uno dei pochi strumenti di protezione contro le violazioni commesse da entità sia israeliane che palestinesi.
L’intento persecutorio e la volontà di soffocare il cruciale lavoro svolto da queste organizzazioni sono evidenziati dal fatto che le ragioni addotte per la designazione risultano vaghe o indefinite. L’obiettivo di questa misura non è solo quello di screditare le organizzazioni designate, ma anche quello di marginalizzare l’importanza dei principi e degli strumenti del diritto internazionale, primo fra tutti il diritto all’autodeterminazione, che queste organizzazioni promuovono e perseguono.
Inoltre, la decisione di accusare di terrorismo organizzazioni che da decenni sono impegnate ad altissimi livelli nella promozione dei diritti umani e la cui reputazione e stima è comprovata da numerosi riconoscimenti internazionali, incluso l’accesso diretto che è garantito ad alcune di loro agli organi delle Nazioni Unite in virtù dello stato consultivo speciale presso l’ECOSOC, e dalla cooperazione diretta anche con agenzie di cooperazione internazionale, tra cui quella italiana, è un messaggio politico intimidatorio che non può essere ignorato.
Il Governo di Israele sta indirettamente accusando gli Stati e le organizzazioni intergovernative che hanno un passato di cooperazione con queste organizzazioni: i budget dei programmi finanziati alle organizzazioni sono infatti controllati dalle agenzie dei paesi donatori e i loro bilanci sono sottoposti ad audit annuali eseguiti da auditor esterni certificati come richiesto dalla legge palestinese.
Tale decisione inoltre ha come obiettivo quello di far cessare il sostegno finanziario della comunità internazionale verso i diversi interventi umanitari, di sviluppo, di studio e ricerca realizzati da queste organizzazioni, il cui contributo alla protezione dei diritti umani e alla costruzione di una pace giusta basata sulle norme del diritto internazionale è essenziale.
A fronte della chiara natura persecutoria dell’ordine militare, che lo rende di dubbia legittimità, le organizzazioni della società civile italiana chiedono che il Governo Italiano si adoperi perché la decisione venga immediatamente revocata, a meno che il Governo di Israele non dimostri, in maniera chiara e inequivocabile, la fondatezza delle accuse infamanti che sottendono alla decisione adottata. Così facendo, l’Italia eviterebbe il rischio di riconoscere o sostenere, anche indirettamente, condotte persecutorie e discriminatorie che ostacolano il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, come riconosciuto da norme perentorie del diritto internazionale.