Udienza sul ruolo di RWM Italia e UAMA nei bombardamenti in Yemen: il Tribunale deve garantire che le indagini continuino
Responsabilità europee nei crimini di guerra in Yemen
Nel 2016 la coalizione militare guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ha presumibilmente ucciso una famiglia di sei persone in un attacco aereo nel villaggio di Deir Al-Hajari, situato nel nord-ovest dello Yemen. Sul luogo dell’attacco sono stati trovati resti di bombe prodotte da RWM Italia SpA, una filiale del produttore di armi tedesco Rheinmetall AG.
Nell’aprile 2018 lo European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) di Berlino, la ONG yemenita Mwatana for Human Rights e la Rete Italiana Pace e Disarmo (allora Rete Disarmo) hanno presentato una denuncia penale contro i dirigenti di RWM Italia e gli alti funzionari dell’Autorità nazionale italiana per l’esportazione di armamenti (UAMA).
Nell’ottobre 2019 la Procura di Roma ha chiesto di archiviare il caso, decisione contro la quale le tre organizzazioni della società civile hanno fatto appello. L’udienza che si terrà oggi martedì 26 gennaio permetterà all’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari di Roma di decidere se l’indagine penale debba continuare. Un verdetto a riguardo è atteso nelle prossime settimane.
“Se l’Italia ha a cuore i diritti umani, dovrebbe rispettarli. Questo caso merita un’indagine approfondita, e le vittime yemenite hanno diritto all’accertamento delle responsabilità e ad un risarcimento. I Governi, come quello italiano, che hanno permesso la vendita di armi all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi e ad altri membri della coalizione militarmente attiva in Yemen sono legalmente e moralmente implicati in gravi violazioni dei diritti umani commesse nel nostro Paese, alcune delle quali sono considerabili crimini di guerra”, afferma Radhya al-Mutawakel, presidente di Mwatana for Human Rights.
Nonostante la conferma che l’anello di sospensione prodotto da RWM Italia e ritrovato sulla scena dell’attacco di Deir Al-Hajari potrebbe essere stato esportato nel novembre 2015 e nonostante il fatto che organismi delle Nazioni Unite, ONG internazionali e organizzazioni yemenite avessero documentato ripetute violazioni della coalizione militare a guida saudita, il Pubblico Ministero di Roma non ha voluto condurre una valutazione completa del ruolo potenziale dello Stato Italiano e di un produttore di armi italiano nei crimini commessi in Yemen.
“Questo caso non riguarda semplici affari o vantaggi commerciali impropri, ma la potenziale responsabilità dell’Italia nei crimini commessi in Yemen. La coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ha ucciso e ferito migliaia di civili in Yemen dal 2015 con attacchi indiscriminati e sproporzionati, favoriti e resi possibile dalle esportazioni di armi provenienti dall’Europa. Se i dirigenti di RWM Italia e i funzionari dell’UAMA sono complici dei crimini commessi dalla coalizione a guida saudita devono essere chiamati a risponderne davanti alla giustizia italiana. Chiudere l’indagine oggi rafforzerebbe la grave mancanza di responsabilità per le vittime del conflitto yemenita”, aggiunge Miriam Saage-Maaß, vice direttore legale di ECCHR.
Nel frattempo, nel dicembre 2020, il Parlamento italiano ha adottato una Risoluzione (votata alla Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati) che chiede il rinnovo della sospensione già attiva dal luglio 2019 per le spedizioni di bombe e missili d’aereo (e nuove autorizzazioni ad esse collegate) verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. “Questo dimostra che anche il Parlamento italiano si è reso conto della drammaticità della situazione, e dell’impatto negativo del flusso di armi originato anche dal nostro Paese: nessuna pace sarà possibile in Yemen senza fermarle. Chiediamo quindi il rispetto delle leggi nazionali e internazionali e il riconoscimento delle responsabilità di chi le ha ignorate, alimentando un conflitto drammatico”, afferma Francesco Vignarca coordinatore delle Campagne per Rete Italiana Pace e Disarmo.
L’11 dicembre 2019 le tre organizzazioni protagoniste del caso legale italiano, insieme ad Amnesty International, Campaign Against Arms Trade e Centre Delàs, hanno presentato una Comunicazione alla Corte penale internazionale dell’Aia chiedendo un’indagine sulla responsabilità degli attori aziendali e governativi in Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. La documentazione presentata ha descritto 26 attacchi aerei in cui la coalizione militare a guida saudita, secondo gli elementi raccolti, avrebbe utilizzato ordigni prodotti in Europa.