La guerra ci costa un mondo: l’appello della campagna globale sulle spese militari

La guerra ci costa un mondo: l’appello della campagna globale sulle spese militari

La presa di posizione della campagna GCOMS in occasione della 12ª edizione delle Giornate globali di azione sulle spese militari (GDAMS), in programma dal 13 aprile al 9 maggio 2023

Le Forze Armate mondiali sono responsabili di circa il cinque per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra, ma la loro impronta di carbonio, così come i vari altri modi in cui contribuiscono al collasso climatico, sono raramente esaminati. I Governi del mondo spendono attualmente più di 2.000 miliardi di dollari per la militarizzazione, ma l’espansione militare è incoerente con gli sforzi per raggiungere gli obiettivi essenziali di emissioni e aggraverà, non arginerà, l’emergenza climatica. La guerra e i conflitti armati non portano solo morte e distruzione, ma anche devastazione dell’ambiente e distruzione del clima. Anche se i Governi possono sostenere che queste spese per la “difesa” siano necessarie, alla fine ci renderanno indifesi di fronte alla minaccia esistenziale rappresentata dalla crisi climatica.

Il riscaldamento globale rappresenta un rischio importante e duraturo per i cicli climatici del nostro pianeta e i disastri meteorologici che ne derivano spesso esacerbano le ingiustizie esistenti – e questo può portare a conflitti per l’accesso alla terra e alle risorse di base, oltre che a sfollamenti forzati. Affrontare il cambiamento climatico significa affrontare altri problemi strutturali come la povertà, gli shock economici e l’indebolimento delle istituzioni. Ciò è particolarmente vero nelle regioni che hanno contribuito meno alla crisi climatica, ma che sono maggiormente colpite dalle sue devastanti conseguenze.

Oltre alla cosiddetta “impronta di carbonio”, le strutture militari mondiali contribuiscono alla crisi climatica anche in altri modi fondamentali:

  • In particolare, le spese militari sottraggono risorse alle spese ambientali e sociali essenziali, tra cui le iniziative per rallentare la velocità del cambiamento climatico, affrontare le perdite e i danni e rispondere alle emergenze meteorologiche
  • Le strutture militari, sotto forma di eserciti nazionali, forze di polizia militarizzate o compagnie di sicurezza private, sono spesso impiegate per proteggere l’industria dei combustibili fossili. Questo settore è uno dei maggiori produttori di gas serra e la sua protezione militare lo rende complice di queste emissioni
  • Sebbene sia urgente proteggere i nostri ecosistemi dalla distruzione dell’ambiente, troppo spesso quando gli attivisti ambientali prendono provvedimenti per salvaguardare le loro terre, i loro fiumi e i loro mari, vengono violentemente repressi da strutture di sicurezza militarizzate, tra cui la polizia, le compagnie di sicurezza private e, a volte, l’esercito
  • Il nesso tra combustibili fossili ed estrattivismo, conflitti armati e guerre è ben documentato, dal periodo coloniale alle guerre di oggi
  • Sempre più persone sono costrette ad abbandonare le proprie case a causa di eventi meteorologici estremi provocati dal cambiamento climatico. Così come l’apparato di sicurezza delle frontiere attualmente contiene le persone e impedisce loro di raggiungere la sicurezza o di chiedere asilo, l’esercito sarà probabilmente ulteriormente dispiegato per tenere fuori da certi confini coloro che fuggono dai disastri climatici
  • Inoltre l’industria degli armamenti, che per molti versi è la spina dorsale del militarismo, investe molto tempo e denaro in attività di lobbying aziendale per promuovere la propria agenda orientata al profitto. Negli ultimi anni ha sfruttato la crisi climatica come un’opportunità per posizionarsi come attore chiave nella progettazione di armi “più verdi” e ha fatto pressioni per ottenere maggiori finanziamenti da destinare a questo scopo. Questo approccio prolunga e approfondisce la logica che guida il militarismo e la guerra

La leadership politica globale si è concentrata su scelte aggressive guidate da “tintinnare di sciabole”, alimentando tensioni e paure invece di coltivare relazioni internazionali basate sulla fiducia reciproca, sulla diplomazia e sulla cooperazione – tre componenti essenziali per affrontare la natura globale della minaccia climatica. I fondi che potrebbero essere utilizzati per mitigare o invertire il dissesto climatico e per promuovere la trasformazione pacifica dei conflitti, il disarmo e le iniziative di giustizia globale, vengono invece spesi per militarizzare un mondo già troppo militarizzato.

Per tutti questi motivi chiediamo con urgenza ai Governi di:

  • cambiare rotta e concentrarsi su tagli rapidi e profondi alle spese militari, che alimentano la corsa agli armamenti e la guerra
  • smilitarizzare le politiche pubbliche, comprese quelle destinate ad affrontare la crisi climatica
  • attuare politiche incentrate sull’umanità e sulla sicurezza comune, che proteggano le persone e il pianeta e non l’agenda del profitto delle industrie delle armi e dei combustibili fossili
  • creare strutture di governance e alleanze basate sulla fiducia e la comprensione reciproca, sulla cooperazione e sulla vera diplomazia, in cui i conflitti vengono risolti attraverso il dialogo e non con la guerra.

Il costo opportunità di decisioni che scelgano altrimenti non potrebbe essere oggi più alto. La guerra ci costa un mondo!!