Per la pace cento città in Italia e trenta in Europa
Saranno 100 le iniziative in Italia nel fine settimana di anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina. “Per dare voce a chi non ha voce e chiede la pace”, per “resistere alla guerra”, è stato detto alla conferenza stampa di presentazione. E la “politica è la grande assente”.
La Marcia Perugia-Assisi in notturna, la catena umana sui lungarni di Firenze, il corteo con gli scolapasta in testa a Viareggio durante il Carnevale, la grande manifestazione di Bologna con il cardinal Zuppi, il sindaco Lepore e Marcon di Sbilanciamoci!, la fiaccolata al Colosseo con il fondatore della comunità Sant’Egidio Andrea Riccardi e il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, la veglia di Verona con tre pacifiste (una russa, una ucraina e una bielorussa). E poi presidi e flash mob nelle principali capitali europee (Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Zurigo, Madrid, Bruxelles) e tantissime altre piazze per la pace in Francia, Spagna, Germania, Portogallo. “Soltanto in Italia contiamo di arrivare a cento città coinvolte dalla mobilitazione per il dialogo e la de-escalation nel fine settimana dell’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina”, ha detto Sergio Bassoli di Europe for Peace alla conferenza stampa organizzata lunedì 20 febbraio nella sala della Protomoteca del Campidoglio. Da Cuneo a Palermo, da Napoli a Brindisi, passando per Palermo, Messina, Cagliari: le locandine delle iniziative continuano ad affluire al portale di Europe for Peace ospitato da Sbilanciamoci e al sito di Rete Pace e Disarmo.
“Dopo nove anni di guerra, perché sono nove anni e non uno dal 2014, in Ucraina si sta arrivando ad un punto di non ritorno, ad un punto in cui non sarà più possibile fermare l’escalation bellica con i rischi nucleare che ciò comporta – ha detto Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace – e già sappiamo che nei prossimi mesi ci sarà un bagno di sangue, un’immensa distruzione. Ci dicono che l’opinione pubblica è stanca della guerra, che non comprende la gravità della situazione. Noi chiediamo ai governi di intavolare una seria iniziativa di pace e, ricordando le parole di Papa Francesco sui tempi eccezionali che hanno bisogno di iniziative eccezionali, abbiamo convocato una Marcia Perugia-Assisi in notturna che partirà pochi minuti dopo la mezzanotte del 23 febbraio e si concluderà all’alba sulla tomba di San Francesco”. Lotti ha anche ricordato come in questa mobilitazione straordinaria per la pace “la politica è la grande assente” mentre persino i generali americani ammettono che nessuna vittoria, né degli ucraini né dei russi, può essere trovata sul campo di battaglia.
“Come dice Papa Francesco siamo in una fase di autodistruzione ma parlare di pace non vuol dire parlare di debolezza, noi non mettiamo in dubbio la difesa dell’Ucraina ma vogliamo uno sforzo della diplomazia”, ha aggiunto Paolo Impagliazzo, segretario generale della comunità Sant’Egidio.
“Non è vero che non ci sono giovani alle nostre manifestazioni, i ragazzi sono molto sensibili e preferiscono fare piuttosto che manifestare, ne troverete tanti tra i volontari dell’accoglienza ai profughi o nell’organizzazione delle nostre carovane umanitarie”, ha ricordato rispondendo a una domanda, Silvia Stilli della rete Stop The War Now. “Noi – ha aggiunto Stilli – abbiamo iniziato a portare cibo, indumenti e medicinali dal 1° aprile dell’anno scorso e da allora le carovane non si sono mai interrotte, la prossima per Odessa partirà a fine marzo, ma siamo preoccupati, perché gli unici aiuti di cui si parla sono quelli militari e c’è una grande disattenzione verso le vittime civili e verso il dibattito interno alla popolazione ucraina. Anche sui nostri giornali si parla dell’ultima arma supersonica ma non si parla di pace, di dialogo”.
“Noi siamo tornati da appena dieci giorni da Dnipro”, ha raccontato Rossella Miccio, presidente di Emergency, “non ci sono più medici di base né strutture sanitarie nella maggior parte del paese, le persone più vulnerabili come disabili e anziani sono completamente abbandonate, ecco cosa vuol dire un anno di guerra, succede in Europa e potrebbe succedere anche a noi”.
“Il presidente del Consiglio Meloni non esclude neanche l’invio di caccia, non si vede nessuno spiraglio diplomatico. L’unica proposta in questo senso viene dal Brasile di Lula. A questo punto è legittimo porsi la domanda: ma l’Italia è in guerra o no? Siamo sul filo del rasoio, ma sappiamo che almeno metà degli italiani sono contro l’escalation e anche per dare voce a chi non ha voce noi resistiamo alla guerra”, ha sostenuto Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, spiegando perché ha impegnato i 137 mila iscritti all’associazione partigiani, anche giovani, per sostenere le mobilitazioni di Europe for Peace.
Francesca Re David della segreteria della Cgil ha sottolineato come i lavoratori, anche quando rimangono in vita, siano i primi a subire i danni della guerra, sia in termini di reddito che di diritti negati. Il governo di Kiev ha appena allungato a 60 ore la settimana lavorativa e autorizzato una deroga al salario minimo.
“Abbiamo sollecitato i nostri partner europei a condividere la mobilitazione, per costruire un grande movimento europeo per la pace e ce l’abbiamo fatta, ci saranno oltre trenta manifestazioni negli altri paesi europei e non ci fermeremo, l’Europa non può essere una caserma”, ha concluso Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci!