Leonardo S.p.A. adesso punta tutto sulla guerra? Fondazione Finanza Etica e Rete Pace Disarmo azionisti critici in assemblea
Negli ultimi 5 anni il fatturato militare è salito dal 68% all’83%: il progressivo abbandono del comparto civile che pure è più redditizio e presunto coinvolgimento nella produzione di sistemi d’arma nucleari al centro degli interventi in assemblea degli azionisti critici Fondazione Finanza Etica e Rete Italiana Pace e Disarmo
Per il settimo anno consecutivo Fondazione Finanza Etica (Gruppo Banca Etica) e Rete italiana Pace e Disarmo intervengono come azionisti critici all’assemblea di Leonardo spa in programma per il 9 maggio 2023. Il colosso italiano delle armi, controllato con il 30,2% dal Ministero del Tesoro, ha deciso però che la sua assemblea si svolgerà a porte chiuse.
«Leonardo ha scelto di avvalersi di una facoltà prevista dalla legislazione italiana sul Covid-19», spiega Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica. «In questo modo si impedisce, di fatto, ogni forma di contatto e di dialogo diretto tra la società e i suoi azionisti, nonostante l’emergenza pandemica sia da tempo superata». Agli azionisti è stata comunque data la possibilità di inviare domande scritte, a cui dovrebbe essere data risposta tre giorni prima dell’assemblea. Fondazione Finanza Etica del Gruppo Banca Etica ne ha inviate una quarantina, raccogliendo quelle di Rete italiana Pace e Disarmo e di alcuni studenti e studentesse del corso di Corporate Governance dell’Università di Pisa, per la prima volta coinvolti nel progetto.
Per fare il punto sulle criticità – umanitarie ma anche finanziarie – legate a questa trasformazione di Leonardo spa in industria quasi totalmente bellica, gli azionisti critici si incontreranno lunedì 8 maggio alle 18 a Roma, presso la Redazione di Scomodo, un giorno prima dell’assemblea, per commentare pubblicamente le risposte di Leonardo.
«Abbiamo chiesto spiegazioni sull’effettiva generazione di fatturato e posti di lavoro di Leonardo in Italia», spiega Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne della Rete italiana Pace e Disarmo. «Ci sembra infatti sproporzionato l’impegno dello Stato in una impresa che produce armi impiegate in conflitti internazionali, con il rischio di violazione di diritti umani fondamentali, rispetto agli effettivi, minimi vantaggi economici per l’Italia».
Negli ultimi cinque anni (2017-2022), il fatturato militare di Leonardo è salito dal 68% all’83%. Mentre nel 2013 era pari al 49,6%. Sono stati abbandonati progressivamente una serie di comparti civili ritenuti non strategici: l’automazione industriale, la robotica, la microelettronica, l’energia e il trasporto ferroviario. «I nostri dati dimostrano che, contrariamente a quanto si pensi, il comparto militare è più rischioso, meno redditizio e crea meno occupazione rispetto a quello civile», continua Vignarca. «È quindi assurdo che lo Stato continui a sostenere la progressiva militarizzazione del gruppo. Nella nostra Costituzione c’è scritto chiaramente che “l’Italia ripudia la guerra”. Perché quindi sostenerla tramite un’azienda multinazionale a controllo statale?».
Tra le domande inviate a Leonardo, alcune si riferiscono anche al coinvolgimento della società in programmi di sistemi d’arma a potenzialità̀ nucleare. «Il presunto coinvolgimento di Leonardo nella produzione di armi nucleari ha già portato all’esclusione dell’impresa da molti portafogli di investitori istituzionali», spiega Teresa Masciopinto. «Quindi stiamo parlando di rischi finanziari oltre che di evidenti rischi umanitari e reputazionali». Per questo motivo all’incontro dell’8 maggio partecipa anche Susi Snyder, coordinatrice della Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), premio Nobel per la pace nel 2017.
Nelle domande inviate da Fondazione Finanza Etica per conto degli studenti dell’Università di Pisa si esprimono invece dubbi sulla nomina da parte del governo dell’ex ministro Roberto Cingolani come amministratore delegato di Leonardo. «Vogliamo capire perché Leonardo abbia ritenuto ammissibile tale candidatura alla luce della legge 215/2004 sui conflitti di interesse», spiegano Adrian Jaroszewicz, Alessandro Quaglia e Roberta Zumbo. «Allo stesso modo, vorremmo capire come si concilino le candidature al Consiglio di Amministrazione di Francesco Macrì, leader di Fratelli d’Italia ad Arezzo, e di Trifone Alfieri, politico della Lega, con la Skills Directory di Leonardo, e cioè l’insieme di esperienze e competenze distintive che dovrebbero essere apportate nel CdA».