La minaccia o l’uso delle armi nucleari è illegittima
A venticinque anni dal Parere della Corte internazionale di giustizia dell’8 luglio 1996: la minaccia e l’uso di armi nucleari sono in contrasto con le regole del diritto internazionale.
Nel 1992 tre grandi organizzazioni internazionali, IPB (International Peace Bureau), IPPNW (i medici per la prevenzione della guerra nucleare) e IALANA (i giuristi contro le armi nucleari) lanciavano una campagna per adire la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), ponendo il quesito sulla legalità dell’uso o della minaccia dell’uso delle armi nucleari.
La CIG è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite. Le sue funzioni principali sono: dirimere le dispute tra gli Stati che ne accettano la giurisdizione, e offrire pareri consultivi su temi di diritto internazionale richiesti dall’Assemblea Generale o dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Con un procedimento simile a quello adottato un paio di decenni più tardi dalla Iniziativa Umanitaria e da ICAN (la campagna per l’abolizione delle armi nucleari) il World Court Project del 1992 aveva l’obiettivo di riunire una maggioranza di Stati membri dell’ONU al fine di approvare la richiesta alla CIG di un parere consultivo sulla legalità delle armi nucleari. Il 15 dicembre 1994, nonostante l’opposizione delle potenze nucleari, la maggioranza degli Stati nell’Assemblea Generale votò a favore della richiesta di sottoporre alla CIG un quesito sulla legittimità, in base al diritto internazionale in vigore, della minaccia o dell’uso di armi nucleari.
La CIG accettò la richiesta nel gennaio 1995 e fissò la scadenza per la presentazione delle memorie da parte degli Stati membri al 20 giugno 1995. 42 Stati presentarono memorie, il numero più alto nella storia dei pareri consultivi della CIG, ivi comprese tutte le potenze nucleari riconosciute dal Trattato di Non Proliferazione (TNP) tranne la Cina. Delle altre potenze nucleari (all’epoca, tre) partecipò solo l’India.
Le udienze si tennero dal 30 ottobre al 15 novembre 1995, con la partecipazione di 22 Stati. L’8 luglio 1996, quasi otto mesi dopo l’ultima udienza, la CIG rese noto il suo parere.
I quattordici giudici (il quindicesimo, il venezuelano Aguilar Mawdsley, era deceduto pochi giorni prima delle udienze) votarono su 7 quesiti, approvandoli tutti, di cui quattro all’unanimità. Per iniziare, i giudici hanno concordato sulla legittimità della CIG di deliberare in merito e sul fatto che nel diritto internazionale non siano esplicite né proibizioni, né autorizzazioni all’uso delle armi nucleari (primi 3 quesiti). Poi i giudici sono passati ad esaminare il quarto e il quinto, concordando all’unanimità che per un eventuale uso delle armi nucleari si applicano le limitazioni dello ius ad bellum e dello ius in bello, come per altre armi.
Il sesto quesito è quello centrale: con un pareggio 7 a 7, sciolto dal voto “pesante” a favore del Presidente, l’algerino Bedjaoui, il collegio ha affermato che, in linea generale, la minaccia o l’uso delle armi nucleari vanno considerati in contrasto con le regole del diritto internazionale nel contesto di un conflitto armato, e in particolare vanno considerati in violazione dei principi e delle regole del diritto umanitario. Tuttavia, il collegio dichiarava di non essere in grado di pronunciarsi su una situazione estrema, in cui uno Stato intendesse usare l’arma nucleare per difendersi da un attacco che ne minacciasse la sopravvivenza come Stato. Ed è stato quest’ultimo aspetto la causa della divisione tra i giudici: tre dei giudici contrari hanno votato contro perché ritenevano che, anche in caso di rischio della sopravvivenza stessa dello Stato, l’uso delle armi nucleari sarebbe stato comunque illegittimo.
L’ultimo quesito, a lungo considerato più astratto, è quello che ha avuto in anni recenti maggiore rilevanza. Si tratta di un’affermazione pronunciata all’unanimità: “Esiste un obbligo di perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano al disarmo nucleare in tutti i suoi aspetti, sotto rigoroso ed efficace controllo internazionale.” Che riprende quasi alla lettera il testo dell’Articolo VI del TNP. La novità del parere della Corte consiste nell’aver sottolineato che gli Stati Parti del TNP non hanno solo l’obbligo di impegnarsi a negoziare, ma devono portare a conclusione quegli stessi negoziati. In termini giuridici, non si tratta solo di un obbligo de negotiando, ma un obbligo de contrahendo. E l’obbligo non ricade solo sulle potenze nucleari, ma su tutti gli Stati.
Per molti, il parere della CIG su quest’ultimo punto è stato il punto di partenza nel diritto internazionale che ha lanciato la campagna internazionale, promossa dalle stesse organizzazioni di società civile internazionale, e da molte altre, che si sono riunite sotto la sigla di ICAN. Il risultato di questo impegno internazionale di una coalizione di società civile e di Stati ha portato all’entrata in vigore del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) il 22 gennaio 2021.
Per saperne di più:
https://www.dirittoconsenso.it/2020/06/19/legalita-delle-armi-nucleari/
https://casebook.icrc.org/case-study/icj-nuclear-weapons-advisory-opinion