Trattato di proibizione delle armi nucleari: perché i membri della NATO dovrebbero aderire

Trattato di proibizione delle armi nucleari: perché i membri della NATO dovrebbero aderire

A giugno 2021 ICAN ha pubblicato un Report indirizzato ai paesi membri della NATO, in cui esprime considerazioni e riflessioni sull’opportunità e sul perché i membri della NATO dovrebbero aderire al Trattato per la proibizione degli armamenti nucleari.  Qui di seguito viene presentata la traduzione del riassunto introduttivo.

Traduzione a cura di Elena Camino del Centro Studi Sereno Regis

Il Report di ICAN è disponibile a questo link

Per un’alleanza non nucleare – Riassunto

Mentre la North Atlantic Treaty Organisation (NATO) svolge il suo Summit 2021 a Bruxelles, per definire l’Agenda NATO 2030 che ne guiderà le decisioni nel prossimo decennio, l’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) ha preparato una relazione che intende sottoporre ai membri della NATO a proposito delle armi nucleari e del disarmo. Questa relazione intende offrire prospettive, evidenze e analisi per aiutarli a orientarsi e a procedere verso l’obiettivo – stabilito dal Nuclear Non?Proliferation Treaty (NPT) – di conseguire un disarmo nucleare globale.

Disarmo per la sicurezza

Da lungo tempo la NATO ha riconosciuto la minaccia che le armi nucleari e altre armi di distruzione di massa pongono alla sua sicurezza. Per questa ragione ha ripetutamente espresso il suo impegno per il controllo delle armi, per il disarmo, e alla fine per la totale eliminazione degli armamenti nucleari.

Come si legge nella conclusione del Gruppo di Riflessione NATO 2030:

Il controllo delle armi, il disarmo e la non-proliferazione svolgono un ruolo importante nel promuovere la pace nella regione Euro-Atlantica e nel mantenere un ordine internazionale stabile. La NATO per molti anni ha contribuito a un controllo delle armi nucleari efficace e verificabile e a sforzi per il disarmo, non solo in quanto Alleanza ma anche grazie agli impegni dei suoi membri [1].

Tutti i paesi della NATO hanno aderito al trattato di non-proliferazione (NPT): tre di questi stati (Francia, Regno Unito e USA), che possiedono armi nucleari,   si sono impegnati in “modo inequivoco a conseguire la completa eliminazione dei loro arsenali nucleari” [2]. Molti membri NATO hanno svolto ruoli chiave – nelle varie conferenze di revisione del trattato NPT – per inserire accordi che consentano passi concreti verso il disarmo e per impedire la proliferazione. Tutti i membri hanno firmato il Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty, e tutti l’hanno ratificato (ad eccezione degli Stati Uniti) [3].

L’impegno verso la non proliferazione e verso il disarmo sono basati sulla lucida comprensione della minaccia che incombe. Qualsiasi uso di armi nucleari produrrebbe effetti catastrofici e a largo raggio, come già chiarito nelle conferenze internazionali svolte nel 2013 e 2014. Oltre a effetti immediati di distruzione e di morte si manifesterebbero effetti profondi e a lungo termine; danni all’ambiente, al clima, alla salute umana, allo sviluppo socio-economico.

La sicurezza globale si sta deteriorando. Stanno aumentando le tensioni tra paesi dotati di armi nucleari. Russia e Cina manifestano comportamenti aggressivi, gli arsenali nucleari stanno crescendo, aumentando i rischi per le popolazioni.  La NATO continua a fare affidamento alla strategia della ‘deterrenza nucleare’, che già da tempo è stata messa in discussione. Persino i sostenitori di questo scenario stanno incominciando ad ammettere che le nuove minacce emergenti – terrorismo, tecnologie interferenti, guerre cibernetiche e ibride – non sono riconducibili alla deterrenza. Nella situazione attuale sta aumentando il rischio di utilizzare ordigni nucleari, mentre contemporaneamente si riduce la fiducia della loro utilità.  

Mosse nella direzione sbagliata

Alla luce di queste considerazioni, sarebbe naturale per la NATO rafforzare e accelerare gli sforzi verso il disarmo nucleare. Invece, perversamente, l’Alleanza si sta muovendo nella direzione opposta, contro i propri obiettivi e la propria sicurezza.

Nonostante gli impegni presi con il trattato NPT a ridurre gli armamenti nucleari e a limitarne le prospettive di uso[4], i tre stati nucleari della NATO stanno modernizzando e accrescendo I loro arsenali, in alcuni casi costruendo nuove armi e progettando nuove missioni. Il Regno Unito ha annunciato di recente che aumenterà il suo arsenale nucleare e ridurrà le informazioni su di esso[5]. Una simile decisione non solo contraddice dichiarazioni precedenti[6], ma dimostra disprezzo verso gli sforzi che in buona fede i membri NATO non nucleari stanno facendo per aumentare le verifiche e compiere nuovi passi verso il disarmo.

Altrettanto inquietante è la constatazione che queste mosse sono state accompagnate da un inasprimento della retorica della NATO a favore delle armi nucleari e da una tendenza all’interno dell’alleanza a coinvolgere tutti i membri a impegnarsi attorno alla deterrenza nucleare. La condivisione della scelta di espandere la potenza nucleare e di farne eventualmente uso viene proposta come test di lealtà e unità; il dissenso o semplicemente la messa in discussione dell’opportunità di continuare a dipendere da armi nucleari viene sempre meno tollerata.

Sebbene il Trattato Nord Atlantico – il Documento di Fondazione della NATO – non faccia menzione di armi nucleari o di deterrenza nucleare, e molti membri NATO non condividano la dottrina nucleare, in un documento elaborato nel 2010[7] la NATO viene ufficialmente soprannominata “nuclear alliance”, e da allora, nell’ultimo decennio, questa identità è stata continuamente rafforzata.

Ma siamo ormai arrivati a una situazione in cui – con l’espansione e il rafforzamento delle posizioni contro le armi nucleari, e con l’approvazione nel 2017 del Trattato per la loro abolizione (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons -TPNW) – questa posizione soffoca la diversità di opinioni e politiche, restringe le prospettive e le opzioni e blocca senza necessità dei potenziali percorsi per migliorare la cooperazione e le partnership con coloro che sono al di fuori dell’alleanza.

Una nuova norma globale

L’effetto dannoso di questa tendenza a riconoscersi come alleanza nucleare risulta particolarmente evidente nel rapporto della NATO con il TPNW. La NATO si è sempre dimostrata contraria, addirittura ostile a questo trattato. Una posizione che non è necessaria, e che è anche direttamente contraria agli stessi interessi di sicurezza della NATO.

L’obiettivo del Trattato di abolizione è lo stesso di quello dichiarato dalla NATO. Mettere cioè fine alla minaccia rappresentata dalle armi nucleari, grazie alla loro totale eliminazione. Le differenze emergono nei mezzi che si intendono usare per conseguire tale obiettivo. Mentre alcuni membri NATO hanno affermato di non volere, o di non essere pronti a impegnarsi immediatamente per una proibizione totale degli ordigni nucleari, e tutti i membri della NATO desiderano garantire che la pianificazione militare, la cooperazione e l’interoperabilità della NATO non siano ostacolate dalle misure di disarmo nucleare, non è saggio che la NATO tenti di imporre un divieto generale di impegno e sostegno al TPNW da parte dei membri dell’alleanza che sono pronti e disposti ad esplorare le potenzialità del trattato per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di disarmo nucleare della NATO e all’adempimento dei suoi obblighi.

Lungo tutta la storia della NATO, i membri dell’alleanza hanno sviluppato approcci diversi sia alle armi che agli aspetti strategici. Come osserva il Gruppo di Riflessione NATO 2030, “come si addice a una comunità di Stati democratici sovrani, nella NATO non si è mai raggiunta una completa armonia”. Otto stati membri hanno singolarmente adottato diversi livelli di coinvolgimento rispetto alle politiche nucleari[8]. Molti hanno aderito a trattati che considerano completamente fuorilegge alcune armi che invece rimangono in uso in altri stati della NATO. Nessuna di queste scelte ha causato gravi problemi strategici o operativi per l’Alleanza.

Non c’è alcuna ragione legale che impedisca gli alleati NATO di aderire al TPNW: questa scelta non infrangerebbe alcun obbligo dell’Alleanza[9].  Questa posizione è stata confermata da istituzioni accademiche e autorità governative di vari stati membri.  Problemi che riguardano la collaborazione militare con alleati dotati di armi nucleari sarebbero affrontati meglio se alcuni dei membri NATO firmassero il Trattato per l’abolizione, e avviassero dialoghi e sperimentazioni con altri stati TPNW, come avvenne nell’elaborazione dei trattati contro le mine anti-uomo e contro le mine a grappolo.

Al contrario, il rifiuto totale e le manifestazioni di ostilità con il TPNW limiteranno solo le opzioni della NATO, allontaneranno i potenziali partner e spingeranno ulteriormente fuori portata l’obiettivo del disarmo nucleare dell’Alleanza. Il modo migliore per difendere reciprocamente la sicurezza, da parte dei membri della NATO, e per promuovere la pace e la sicurezza internazionale, è sostenere il bando e lavorare insieme per eliminare le armi nucleari.

Quali benefici nell’aderire al Bando

Il Trattato per la proibizione degli armamenti nucleari offre ai membri della NATO un mezzo concreto per rinnovare e rafforzare il conseguimento degli obiettivi iniziali della NATO. Ridurre e alla fine eliminare le minacce alla sicurezza che derivano propri dalle armi nucleari.  Entrando a far parte del Trattato per il Bando singoli stati NATO possono aiutare a costruire un nuovo ed efficace sistema di regole contro le armi nucleari, a rafforzare I controlli contro la proliferazione, a diminuire la pressione verso l’escalation, a ridurre l’entità dell’affidamento a questo tipo di armi.

Aderendo al Trattato i membri NATO dimostreranno il loro impegno e la loro buona fede a proseguire nel processo di disarmo. Si allenteranno le tensioni tra i membri dell’NPT, e diventerà possibile a questi stati operare per riallacciare i rapporti tra stati nucleari e stati non non-nucleari, e cercare insieme una base comune per portare a compimento tutti gli aspetti del trattato di non proliferazione.

Questi membri NATO, firmando il TPNW, potranno partecipare insieme agli altri a discutere e progettare nodi cruciali del processo di disarmo, come quello delle verifiche e dell’irreversibilità.

Lavorando insieme ai membri del TPNW potranno verificare che siano rispettate tutte le norme che consentono l’eventuale accesso agli stati armati, e che si tenga conto delle esigenze di sicurezza per la messa a punto di un processo di disarmo verificabile e irreversibile.

Il TPNW offre inoltre ai membri NATO una via strutturata per partecipare e contribuire all’assistenza alle vittime di test nucleari, e alle iniziative di riparare i danni ambientali causati dai test (inclusi quelli provocati dai tre membri NATO). Alcuni membri NATO hanno già svolto un ruolo importante nelle fasi di elaborazione e di sostegno alle norme che sono state messe a punto nell’elaborazione dei trattati di proibizione delle mine anti-uomo e delle mine a grappolo.

Sostegno al Bando all’interno della NATO

Dato che gli obiettivi del TPNW sono totalmente in linea con quelli della NATO, e che un’ampia adesione e realizzazione del Trattato aumenterà la sicurezza della NATO, non sorprende che molti membri NATO siano fortemente a favore dell’adesione al Bando.

Alcuni leaders che in passato hanno occupato ruoli importanti, inclusi segretari generali della NATO e ministri della difesa e degli esteri, hanno invitato i membri NATO ad aderire al Trattato per il bando delle armi nucleari[10].  Alcuni Parlamenti di paesi NATO hanno approvato mozioni a sostegno del Bando; numerose città hanno fatto appello ai loro stati perché aderissero. Ci sono state dichiarazioni di sostegno da parte di leaders religiosi e di organizzazioni della società civile. Sondaggi realizzati per conoscere le posizioni dell’opinione pubblica hanno messo in evidenza una netta preferenza  a sostegno del Bando.

Il TPNW riceve anche il sostegno di alcuni partners importanti della NATO: in Europa lo sono l’Austria, l’Irlanda e Malta; nell’area dell’Asia-Pacifico, hanno aderito alcuni importanti alleati degli USA: la Nuova Zelanda, le Filippine e la Thailandia.  E la lista non farà che crescere: la cooperazione tra membri NATO e gli stati che hanno aderito al Trattato per il Bando è già una realtà.

Alla luce di tutto ciò, è difficile conciliare quella che fu la missione fondante del Trattato Nord Atlantico “salvaguardare la libertà, la comune eredità, la civilizzazione dei popoli membri, fondata sui principi della democrazia, della libertà individuale, del rispetto delle leggi[11] con l’ amara e intransigente opposizione al TPNW mostrata finora dalla NATO.

Miti e Misconcezioni

Mentre alcune critiche al TPNW sono state avanzate in buona fede e sulla base di una analisi sincera, molta dell’opposizione – che comprende, purtroppo, un certo numero di stati membri della NATO –   è basata su miti, misconcezioni, e talvolta anche su falsità.

Il TPNW non contraddice né si oppone al Trattato di non proliferazione. Non solo ne è del tutto compatibile e complementare, ma è stato progettato come uno strumento per realizzare in concreto l’Articolo VI dell’NPT. Gli aspetti del TPNW che riguardano la non-proliferazione, incluse le disposizioni di salvaguardia, sono almeno altrettanto chiari e verificabili di quelli dell’NTP, e per certi aspetti ancora più rigidi. Uno stato non nucleare che lasciasse il trattato NPT per aderire al TPNW non otterrebbe maggiore libertà o capacità di realizzare un programma di armamenti nucleari.

 Non è vero che le procedure per il disarmo nucleare previste dal TPNW manchino di “possibilità di verifica”; al contrario, l’articolo 4 del trattato richiede chiaramente che misure di verifica giuridicamente vincolanti siano specificate, concordate e applicate a qualsiasi procedura di disarmo. Un disarmo senza verifiche non è semplicemente permesso dal trattato. In ogni caso, le disposizioni sulla verifica del disarmo del TPNW sono molto più articolate di quelle del NPT, che non ne ha.

Il TPNW non richiede il disarmo unilaterale (sebbene certamente lo consenta – e molti stati, così come l’ICAN, lo incoraggerebbero). Il TPNW è stato progettato per facilitare l’adesione simultanea di un numero qualsiasi di stati dotati di armi nucleari, che possono negoziare un piano congiunto di disarmo con i membri del TPNW ai sensi dell’articolo 4.

Verso un’Alleanza Non-Nucleare

La NATO attualmente si definisce un’”alleanza nucleare”. Ma se un giorno potesse conseguire lo scopo che si era prefissa, allora sarà necessariamente una alleanza “non-nucleare”: un traguardo da festeggiare. Eppure, invece di aspirare apertamente a raggiungere questo traguardo, e a discutere fin d’ora su come potrebbe funzionare, l’Alleanza sembra volerlo evitare attivamente, anzi, non prendere neppure in considerazione questa possibilità.  Questo atteggiamento è pericolosamente controproducente, e rivela una visione miope.  Queste sono le conclusioni del Reflection Group NATO 2030:

[L]’Alleanza trarrebbe vantaggio dall’adozione di una prospettiva a lungo termine e dal riabbracciare la visione della NATO dei primi decenni, come strumento preventivo per modellare il suo ambiente piuttosto che come strumento per gestire le crisi una volta che sono già scoppiate. Questa mentalità proattiva dovrebbe permeare il modo in cui gli alleati pensano al rafforzamento del ruolo politico, della coesione e dell’unità della NATO, nonché della consultazione e del processo decisionale per il prossimo decennio[12].

È tempo per i membri della NATO di scrollarsi di dosso le restrizioni dettate da un modo di pensare reattivo e a breve termine sulle armi nucleari, per riabbracciare la visione del disarmo nucleare come strumento di prevenzione in grado di plasmare l’idea di sicurezza dell’ambiente NATO. Mentre l’eliminazione totale delle armi nucleari resta in effetti un traguardo ancora lontano, immaginare e progettare la NATO come ‘alleanza non-nucleare’ è una iniziativa da avviare adesso. Un impegno positivo e costruttivo con il TPNW, inclusa l’adesione al trattato per quei membri della NATO che sono disposti e pronti a farlo, sarebbe un logico punto di partenza.


Note

[1] NATO 2030: United for a New Era: Analysis and Recommendations of the Reflection Group Appointed by the NATO Secretary General, NATO, 25 November 2020, p. 36.

[2] Final Document of the 2000 Review Conference of the Parties to the NPT, p. 14.

[3] Comprehensive Nuclear-Test Ban Treaty, opened for signature on 10 September 1996. Ratification by China, Egypt, India, Iran, Israel, North Korea, Pakistan, and the US is still needed for entry into force.

[4] Final Document of the 2010 Review Conference of the Parties to the NPT.

[5] See “Five Ways the UK Is Undermining the NPT”, ICAN, 7 April 2021.

[6] See, for example, “Legality under International Law of the United Kingdom’s Nuclear Policy as Set out in the 2021 Integrated Review”, legal opinion by Christine Chinkin and Louise Arimatsu, April 2021.

[7] Active Engagement, Modern Defence: Strategic Concept, adopted by NATO in 2010, p. 5.

[8] NATO 2030: United for a New Era, NATO, 2020, p. 20. As the Reflection Group concludes: Allies have occasionally disagreed in the past over interests and values, sometimes straining the Alliance. Yet another key to NATO’s success is that it has been resilient in the face of many challenges because Allies do not deviate, even under strained circumstances, from an inviolable commitment to defending each other’s security.

[9] See, for example, “Nuclear Umbrella Arrangements and the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons”, International Human Rights Clinic, Harvard Law School, June 2018.

[10] “Open Letter in Support of the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons”, 21 September 2020

[11] North Atlantic Treaty, adopted on 4 April 1949, entered into force on 24 August 1949, preamble.

[12] NATO 2030: United for a New Era, NATO, 2020, p. 22.