Rete Pace Disarmo sull’ipotesi di armamento dei droni italiani: “scelta grave e sbagliata che deve essere discussa in Parlamento”

Rete Pace Disarmo sull’ipotesi di armamento dei droni italiani: “scelta grave e sbagliata che deve essere discussa in Parlamento”

I pericoli derivanti da uso di droni armati sono chiari:  si abbassa la soglia dell’uso della forza militare,  si trasferisce rischio e impatto della guerra dai soldati ai civili,  si espande il ricorso a “uccisioni mirate” fuori da ogni giurisdizione e si alimenta il falso mito della “precisione” quando invece i dati dimostrano l’alto numero di civili innocenti che vengono uccisi.

Negli ultimi giorni i mezzi di informazione e l’opinione pubblica stanno tornando a prestare attenzione al tema dei droni armati, in seguito al diffondersi di dettagli relativi all’ipotesi che anche il Ministero della Difesa italiano se ne voglia dotare. Tale possibilità viene infatti prefigurata da alcuni elementi della scheda “MQ-9 Payload” (nella sezione dedicata ai nuovi programmi di acquisizione) presente nel Documento Programmatico Pluriennale per il triennio 2021-2023 recentemente diffuso dal Dicastero di via XX Settembre.

Nel descrivere gli interventi sul drone Reaper (“mietitore”) già in dotazione all’Aeronautica Militare non viene mai esplicitato il termine “armamento” ma si parla genericamente di adeguamento del payload (cioè “carico utile”, concetto usato anche per le armi) “in linea con l’output capacitivo ed operativo richiesto” a garanzia di “incrementali livelli sicurezza e protezione” e “capacità di difesa esprimibile dall’aria”. Una lunga circonlocuzione per non dover ammettere con chiarezza il vero obiettivo: dotare i droni italiani di missili che li trasformerebbero da strumenti di sorveglianza e rilevamento a sistemi da utilizzarsi direttamente in conflitto. Al momento il programma sarebbe finanziato per 59 milioni di euro in 7 anni (fino al 2027) ma con un fabbisogno complessivo di 168 milioni di euro.

Quella dei droni armati è una questione importante su cui la Rete Italiana Pace e Disarmo con i suoi partner ha lavorato molto, già da tempo: in un percorso di ricerca internazionale sono stati pubblicati negli anni scorsi dossier e schede di approfondimento, curate in particolare da Archivio Disarmo, e sono stati realizzati convegni e momenti di confronto anche istituzionali (informazioni nelle note a questo Comunicato). Punto centrale di questa attività è stata l’analisi di un sistema d’arma che ha cambiato drasticamente il volto attuale della guerra, rendendolo più complesso, opaco e rischioso soprattutto per i civili (contrariamente a quanto dicono i fautori dei velivoli a pilotaggio remoto, cioè i droni).

Preoccupazioni sull’uso dei droni armati sono state espresse sia nell’ambito dello European Forum on Armed Drones di cui facciamo parte, sia nelle opportune sedi internazionali (in particolare il Primo Comitato dell’Assemblea ONU) con prese di posizione delle organizzazioni della società civile. Agli Stati (compresa l’Italia) sono state esplicitate alcune richieste derivanti dalla preoccupazione sull’uso di droni armati: riconoscerne i gravi rischi etici e legali, aumentare la trasparenza su policy e regole di ingaggio, investigare su attacchi che hanno coinvolti civili, utilizzare procedure e regole di ingaggio che rispettino il diritto umanitario e il Trattato ATT sul commercio di armi.

In particolare preoccupa l’impatto mortale sui civili dei bombardamenti aerei che caratterizzano le “guerre permanenti”: diverse stime dimostrano come siano davvero alte (in alcuni casi addirittura il 90%) le percentuali di vittime civili nelle azioni militari effettuate con droni armati, contrariamente al mito della “precisione” con cui ne viene sostenuto l’utilizzo. Va ricordato come tra i casi di vittime (cosiddette) “collaterali” degli attacchi con velivoli senza pilota ci sia anche l’omicidio del cooperante italiano Giovanni Lo Porto, una delle poche uccisioni confermate dagli USA ma senza che si sia potuto celebrare un processo e definire quindi le responsabilità per la sua morte.

Le complicazioni non sono solo derivanti da azioni in conflitto: esiste il rischio di violazioni di natura legale anche quando si presta solamente “assistenza” agli attacchi. Con i nostri partner ECCHR e Reprieve abbiamo avvisato con tre diverse lettere il Governo italiano, senza ricevere risposta, sui possibili rischi della concessione della Base di Sigonella come punto di partenza di attacchi armati con droni. A questo riguardo stiamo anche sostenendo l’azione di trasparenza di ECCHR che richiede da anni l’accesso alle informazioni sul quadro giuridico che regola la presenza e l’uso dei droni americani dalla base siciliana.

Per tutti questi motivi chiediamo al Governo di fornire tutti i chiarimenti sulla decisione presa dal Ministero della Difesa e al Parlamento di chiedere con urgenza l’apertura di un dibattito sull’ipotesi di armamento dei droni, coinvolgendo nel confronto gli esperti internazionali della società civile.

Dossier e convegni sui droni armati realizzati dalla Rete e dai suoi partner negli ultimi anni:

Droni militari: proliferazione o controllo? – Ricerca con IRIAD

L’uso della forza e i droni armati – IRIAD Review

I droni armati e il nuovo volto della guerra –  Convegno internazionale

Le richieste collettive a Stati e Governi promesse dallo European Forum on Armed Drones di cui la Rete Italiana Pace e Disarmo fa parte

Articolare chiare politiche

  • Tutti gli Stati devono riconoscere le gravi sfide presentate dall’uso di armi droni armati e articolare pubblicamente politiche chiare e posizioni legali precise sulla questione. Ciò include anche possibili collaborazioni in operazioni con droni effettuate da altri Stati.
  • Gli Stati che utilizzano droni armati devono pubblicare le loro regole e procedure per mostrare una piena adeguatezza al diritto internazionale, incluse azioni per prevenire, mitigare, investigare tutte le morti fuorilegge e in generale tutti gli impatti negativi sui civili.

Prevenire complicità

  • Gli Stati devono fare in modo di non diventare complici di attacchi illegali con droni, ad esempio fornendo supporto logistico o raccogliendo dati usati per individuare gli obiettivi. Gli Stati europei devono accettare la loro “responsabilità come terzi” in operazioni condotte da alleati.

Assicurare trasparenza

  • Tutti gli Stati dovrebbero lavorare sulla trasparenza attraverso la pubblicazione e condivisione di tutte le informazioni che possano contribuire allo sviluppo di norme stringenti sul comportamento negli attacchi con droni e la prevenzione di qualsiasi impatto negativo, attraverso il rafforzamento delle leggi internazionali.
  • Inoltre gli Stati che usano droni armati in operazioni di contro-terrorismo devono fornire informazione pubblica e precisa (aggiornata per ciascun caso) sulle basi legali e fattuali per le quali specifici gruppi o individui siano considerati obiettivi, garantendo informazioni chiare sul numero di feriti e morti e sulle loro identità.

Strutturare forme di responsabilità e controllo

  • Gli Stati coinvolti in attacchi con droni devono condurre rapide, approfondite, indipendenti e imparziali investigazioni per tutte le accuse o sospetti di morti illegali e impatti negativi sui civili e pubblicare i risultati di ciascuna investigazione in tempi rapidi e certi.
  • Tutti gli Stati devono assicurarsi che diritti delle vittime di attacchi con droni siano rispettati, includendo un effettivo accesso a misure giudiziali di rimedio e riparazione.

Controllare la proliferazione

  • Tutti gli Stati devono applicare controlli più stringenti sul trasferimento di tecnologia militare e dual-use per droni. Ciò include standardizzare le categorie di droni e tutta la tecnologia relativa nei regimi di controllo alle esportazioni ed inserirle all’interno di Trattati internazionali o di Leggi di livello nazionale, regionale, internazionale. Gli Stati devono applicare criteri chiari per prevenire qualsiasi tipo di trasferimento irresponsabile.
  • Tutti gli Stati dovrebbero partecipare ai dibattiti globali sul tema nei Fora internazionali pertinenti, al fine di lavorare verso una maggiore e più ampia consapevolezza della questione e supportare un percorso di più stretto controllo sui trasferimenti di droni e di tutta la tecnologia collegata ai droni.