Spese militari al record storico di 2.240 miliardi: serve inversione di tendenza per mitigare la minaccia esistenziale della crisi climatica
Trainati dalle decisioni conseguenti al conflitto in Ucraina, gli investimenti militari mondiali nel 2022 sono cresciuti del 3,7% in termini reali, secondo le stime SIPRI. Un aumento di 127 miliardi sul 2021, più dei 100 miliardi annui promessi e mai raggiunti per mitigare la crisi climatica. La Campagna Globale sulle spese militari chiede lo spostamento delle risorse verso politiche civili che proteggano persone e pianeta.
La spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2022 la somma record di 2.240 miliardi di dollari complessivi, che corrisponde ad una crescita del 3.7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Lo evidenziano le stime diffuse dal SIPRI di Stoccolma. In cifre si tratta di un aumento di ben 127 miliardi in un anno, che supera di gran lunga i 100 miliardi annui che sarebbero necessari a mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico ma che gli Stati del mondo non riescono a destinare a tale scopo, per scelte politiche miopi.
Secondo i dati appena diffusi la spesa militare statunitense è aumentata dello 0,7%, raggiungendo gli 877 miliardi di dollari: gli Stati Uniti restano di gran lunga al vertice della classifica, con il 39% della spesa militare globale (3 volte maggiore del Paese al secondo posto, la Cina). Pechino ha aumentato la propria spesa militare per il 28° anno consecutivo (+4,2% a 292 miliardi di dollari) raggiungendo il 13% della quota globale. A causa del conflitto sul territorio ucraino iniziato con l’invasione decisa da Putin si stima che la spesa militare della Russia sia cresciuta del 9,2% nell’ultimo anno, raggiungendo gli 86,4 miliardi di dollari (terzo Stato al mondo). L’Ucraina è entrata per la prima volta nella top 15 (all’11° posto) a causa di un enorme aumento del 640% della propria spesa militare. Il SIPRI segnala una riduzione della spesa militare italiana che invece non è riscontrabile nei dati di dettaglio sempre in crescita elaborati dall’Osservatorio Mil€x (e nemmeno da quelli NATO, per i quali vi è una sostanziale stasi). Nel 2022 la spesa militare europea è aumentata del 13%, il più grande incremento annuale nella regione nel periodo successivo alla guerra fredda. La spesa totale di tutti i 30 membri della NATO ammonta a 1.232 miliardi di dollari nel 2022, pari al 55% della spesa complessiva.
I dati dell’Istituto di ricerca svedese confermano le preoccupazioni evidenziate dalla Dichiarazione congiunta della Campagna internazionale contro le spese militari GCOMS, diffusa durante le Giornate di Mobilitazione globale, focalizzata soprattutto sulla minaccia esistenziale derivante dalla crisi climatica. Secondo le Organizzazioni partecipanti (tra cui Rete Italiana Pace e Disarmo) l’aumento continuo delle spese militari “è incoerente con gli sforzi per raggiungere gli obiettivi essenziali di emissioni e aggraverà, non arginerà, l’emergenza climatica. La guerra e i conflitti armati non portano solo morte e distruzione, ma anche devastazione dell’ambiente e distruzione del clima”. Nonostante i Governi continuino a ripetere che sono spese utili per la difesa “alla fine ci renderanno indifesi di fronte alla minaccia esistenziale rappresentata dalla crisi climatica”. Dopo aver elencato i motivi per cui le strutture militari mondiali contribuiscono alla crisi climatica la Campagna GCOMS evidenzia come “La leadership politica globale si è concentrata su scelte aggressive e militarizzate” che non fanno altro che alimentare “tensioni e paure invece di coltivare relazioni internazionali basate sulla fiducia reciproca, sulla diplomazia e sulla cooperazione – tre componenti essenziali per affrontare la natura globale della minaccia climatica”. Di conseguenza “i fondi che potrebbero essere utilizzati per mitigare o invertire il dissesto climatico e per promuovere la trasformazione pacifica dei conflitti, il disarmo e le iniziative di giustizia globale, vengono invece spesi per militarizzare un mondo già troppo militarizzato” come i dati SIPRI appena diffusi dimostrano.
Per tali motivi la Campagna GCOMS chiede con urgenza ai Governi di:
- cambiare rotta e concentrarsi su tagli rapidi e profondi alle spese militari, che alimentano la corsa agli armamenti e la guerra
- smilitarizzare le politiche pubbliche, comprese quelle destinate ad affrontare la crisi climatica
- attuare politiche incentrate sull’umanità e sulla sicurezza comune, che proteggano le persone e il pianeta e non l’agenda del profitto delle industrie delle armi e dei combustibili fossili
- creare strutture di governance e alleanze basate sulla fiducia e la comprensione reciproca, sulla cooperazione e sulla vera diplomazia, in cui i conflitti vengono risolti attraverso il dialogo e non con la guerra.
Il costo opportunità di decisioni che scelgano altrimenti non potrebbe essere oggi più alto. La guerra ci costa un mondo!!