Per la neutralità attiva di un’Italia e un’Europa non allineate

Per la neutralità attiva di un’Italia e un’Europa non allineate

Non siamo Atlantici, ma pacifici.
Per la neutralità attiva di un’Italia e un’Europa non allineate.
Per il rilancio delle Nazioni Unite e il futuro condiviso del pianeta.

La diffusione della pandemia ha una volta di più dimostrato che per affrontare le grandi sfide che l’umanità ha di fronte, dal cambiamento climatico, all’inquinamento; dalla povertà, alla disuguaglianza; fino alla migrazione di milioni di persone è necessaria più cooperazione globale. Assistiamo invece ad un acuirsi della competizione tra stati e tra gruppi di stati rispecchiata nella vergognosa corsa all’accaparramento dei vaccini.

Le promesse per un modo più cooperativo che erano state alimentate all’indomani della fine del sistema bipolare sembrano vanificate. Il progetto delle Nazioni Unite sembra abbandonato.

Una nuova guerra globale, solo per ora “fredda”, è stata dichiarata unilateralmente dall’occidente contro la crescita economica della Cina. Si tratta per ora di una guerra commerciale e per la superiorità tecnologica, ma non esiste nessuna garanzia che non possa evolvere, anche senza che lo si voglia, in guerra calda e che in questa non vengano impiegati ordigni nucleari.

Questo conflitto sta già oggi alimentando una nuova e costosa corsa agli armamenti, sia da parte degli stati della Nato, sia da parte cinese e che trascina il resto del globo. Un processo di riarmo che non è mai stato così sostenuto dalla fine della Seconda guerra mondiale, con la conseguente sottrazione di risorse imponenti alla soluzione dei problemi globali – innanzitutto quello della povertà e della fame – e con un impatto climatico significativo e crescente.

Pur permanendo una grande sproporzione tra la spesa militare occidentale e quella cinese e tra la dimensione dei rispettivi apparati bellici, questa corsa agli armamenti costituisce già in sé un fattore di pericolo per la pace.

La narrazione ufficiale è che l’occidente dovrebbe unirsi per difendere i propri valori. Ma paesi che sostengono dittature come l’Arabia Saudita e l’Egitto, che hanno alleanze militari con paesi autoritari come la Turchia o che proteggono l’apartheid e l’occupazione militare della Palestina non sono credibili nel giustificare le proprie politiche estere e militari sulla base della difesa della democrazia e dei diritti umani. Anni di “guerre umanitarie” o “per la democrazia” ci hanno insegnato che queste non sono mai il vero obiettivo dei conflitti.

È evidente invece che la competizione è una competizione economica. Ma la volontà di mantenere i paesi occidentali nella posizione di supremazia economica, scientifica e militare sul resto del mondo conseguita durante secoli di politiche coloniali non è un obiettivo condivisibile. Esso, oltre non essere moralmente giusto, costituisce in sé un pericolo per la pace.

All’obiettivo della supremazia va sostituito quello della costruzione di un futuro comune e condiviso, cosa che richiede il superamento del divario economico e di sviluppo tra le aree geografiche e una politica di cooperazione, richiede la condivisione delle conoscenze invece della loro appropriazione, il disarmo globale, a cominciare dal disarmo nucleare unilaterale, invece del riarmo.

Occorre rilanciare il progetto originario delle Nazioni Unite che metteva fuori legge la guerra e promuoveva una gestione condivisa del pianeta basata sul multilateralismo e la decolonizzazione.

Non passa giorno che venga chiesto esplicitamente all’Italia e all’Europa e ad ognuno di schierarsi riproponendo l’atlantismo come recinto delle relazioni internazionali.  Il nostro governo lo ha già accettato. 

Il movimento per la pace si rifiuta di essere parte in questo conflitto artificiale e si pronuncia ancora una volta a favore di una relazione tra i popoli basata sulla cooperazione internazionale contro ogni forma di suprematismo.

Questo non ci impedisce di avere un giudizio severo sui limiti dell’espansionismo commerciale cinese che in particolare in Africa rischia di ripercorrere strade già seguite dalle potenze coloniali europee, né sul modello di sviluppo proposto dal progetto della nuova via della seta altrettanto energivoro di quello proposto dal capitalismo occidentale o di manifestare sostegno e solidarietà nei confronti di tutti coloro che si battono per la democrazia e i diritti umani in Cina, come in ogni parte del mondo.

Chiediamo al nostro paese e all’Europa una nuova politica estera non allineata ai nuovi blocchi economici che svolga un ruolo di neutralità attiva in questa competizione e che si impegni attivamente per la soluzione diplomatica delle crisi, per il disarmo globale e per una politica basata sulla cooperazione e non sulla competizione.


Documento elaborato a partire da un percorso di confronto collettivo (con approfondimento tematico seminariale) ed approvato dall’Assemblea nazionale della Rete Italiana Pace e Disarmo – Settembre 2021