La responsabilità dell’Italia nell’attacco mortale di droni USA in Libia

La responsabilità dell’Italia nell’attacco mortale di droni USA in Libia

Presentata una denuncia contro il comandante italiano della base militare aerea navale di Sigonella

Lo scorso 31 marzo 2022 le famiglie delle vittime di un attacco drone statunitense avvenuto in Libia il 29 novembre 2018 hanno presentato una denuncia presso l’Ufficio del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa contro il comandante della base militare aerea navale di Sigonella. Le organizzazioni per i diritti umani Rete Italiana Pace e Disarmo (Italia), Reprieve (Regno Unito) e lo European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR, Germania) hanno supportato la comunità locale libica nel presentare questa azione legale. La denuncia accusa il Comandante italiano della base militare di avere permesso un attacco letale in violazione del diritto internazionale e del diritto interno italiano. L’attacco aereo statunitense vicino a Ubari in Libia ha ucciso undici membri innocenti della comunità Tuareg e, secondo la ricostruzione alla base della denuncia, è stato effettuato con un volo partito da Sigonella.

Il Governo italiano ha permesso al Comando USA per l’Africa (AFRICOM) di usare la base di Sigonella per la sua cosiddetta “guerra al terrorismo” e per le operazioni di “targeted-killing” (uccisioni mirate) e per tale motivo la base siciliana gioca un ruolo vitale nel programma dei droni statunitensi in Nord Africa e nel Sahel. La presenza statunitense e le operazioni degli Stati Uniti a Sigonella, così come le responsabilità del Comandante italiano, sono regolate dall’accordo tecnico USA-Italia del 2006. Secondo questo accordo, gli Stati Uniti sono obbligati a notificare alle autorità italiane tutte le attività significative degli Stati Uniti, escludendo solo le operazioni di routine. “Chiaramente, un’operazione condotta droni che implica l’uso di forza letale non è considerabile di routine“, ha dichiarato Chantal Meloni, consulente legale di ECCHR. “Mentre AFRICOM è direttamente responsabile di tale decisione, il Comandante italiano deve aver conosciuto e approvato l’operazione e può quindi essere ritenuto penalmente responsabile come complice per aver permesso un attacco letale illegale. Tale circostanza configurerebbe una violazione del diritto internazionale e del diritto alla vita”.

Il Comando AFRICOM ha riconosciuto l’attacco, ma ha affermato che le persone uccise fossero membri di al-Qai’da, un’accusa che la comunità nega categoricamente. Madogaz Musa Abdullah, uno dei denuncianti, ha perso suo fratello Nasser nell’attacco. Nasser, insieme alla maggioranza delle persone uccise nell’attacco, era membro delle Forze Armate del governo libico di unità nazionale riconosciuto dall’ONU.

Madogaz Abdullah ha dichiarato: “AFRICOM ha ucciso delle persone innocenti. Hanno affermato che i nostri figli erano terroristi e hanno messo fine alle loro vite senza alcuna prova. Vogliamo che il Governo italiano ci ascolti e che impedisca ad AFRICOM di uccidere ancora la nostra gente. Chiediamo ad entrambi i Governi di scusarsi e che il Governo italiano apra un’indagine trasparente e chieda conto ai responsabili dell’autorizzazione dell’attacco”.

Jennifer Gibson, che dirige il programma di Reprieve sull’uso della forza letale, ha detto: “Sono passati quasi quattro anni da quando queste vite sono state stroncate senza preavviso da un drone statunitense lanciato dal suolo italiano. Padri, figli e fratelli sono stati strappati da questa comunità in un istante, lasciando solo un lungo dolore e domande irrisolte. Le famiglie degli uccisi hanno un disperato bisogno di risposte e che qualcuno sia ritenuto responsabile di questa insensata perdita di vite umane”.

Questa denuncia riguardante il coinvolgimento dell’Italia nel programma dei droni USA è uno dei tanti interventi legali intrapresi da ECCHR, Reprieve e Rete Italiana Pace e Disarmo per contrastare le violazioni dei diritti umani commesse dagli Stati Uniti in nome della cosiddetta guerra al terrorismo. La guerra dei droni statunitensi spesso viola il diritto internazionale e i diritti umani – come le severe regole sull’uso della forza e dell’autodifesa, i principi e le leggi della guerra e i diritti umani fondamentali – attaccando individui il cui status non è stato adeguatamente verificato in precedenza. 

“Per questo motivo è importante continuare le nostre azioni anche di natura legale, che spesso sono l’unica strada percorribile per arrivare ad un riconoscimento della verità e delle responsabilità, permettendo anche di gettare una maggiore luce su operazioni militari condotte non in contesti di guerra dichiarata” afferma Francesco Vignarca coordinatore delle campagne per la Rete Italiana Pace e Disarmo “Ciò è soprattutto cruciale per quanto riguarda le operazioni dei droni, strumenti sempre più rilevanti nelle attività militare odierne, anche in considerazione dell’intenzione dell’Italia di dotare di armamento i propri velivoli senza pilota”.